Era il 2016 quando la montagna ci ha rapito il cuore. Il nostro primo lungo viaggio in Sud America ci ha svelato la magia dei trekking tra le cime innevate, un amore che da quel giorno non abbiamo più abbandonato. D’altronde come non innamorarsi perdutamente di Torres del Paine, dove facevamo colazione con vista ghiacciaio e vivevamo le 4 stagioni ogni giorno, o della bellezza selvaggia del Cerro Castillo, perla nascosta del Cile? Come resistere, in Perù, al fascino delle Cordillera Blanca e Negra o a quello del Vinicunca, una delle montagne più colorate e celebri al mondo? Come non emozionarsi davanti alla lava che danza sul cono innevato del vulcano Villarrica? Infine, come non piangere di gioia sul Tolima (5.225 metri s.l.m.), in Colombia, quando dopo giorni di cammino abbiamo toccato la cima in un’alba meravigliosa, e ci è sembrato di non aver mai visto niente di così bello?

Un selfie, come foto ricordo, con vista Torres del Paine, dopo 5 giorni di trekking "W" nel Parco Nazionale Torres del Paine in Cile

Grazie infinite Torres del Paine per questo trekking che ci ha segnato la vita (ed anche le occhiaie)!

Vista della lava dalla cima del cratere innevato del Vulcano Villarrica, dopo un trekking giornaliero dalla città di Pucon in Cile

Il Villarrica, un concentrato di elementi. Ghiaccio, fuoco, terra e vento fusi in un’unica, indimenticabile ascensione.

Tutto ciò, e molto altro, ha acceso in noi una passione ardente per la montagna e, soprattutto…fra noi due, che la vivevamo insieme. Quando, nel 2024, dopo 12 anni uniti, abbiamo deciso di unirci in matrimonio, la scelta era ovvia: le nostre promesse ce le saremmo scambiate lassù, dove il confine tra cielo e terra si dissolve, e l’orizzonte diventa un sogno senza fine. E non stiamo parlando di una montagna a caso; per l’occasione abbiamo scelto una delle “7 Summits”, la vetta solitaria più alta del mondo, il “Tetto d’Africa”, sua maestà il Kilimanjaro. Che noi adoriamo tanto chiamare “Kili”. Un’impresa difficile, faticosa, che ci ha messo a dura prova, ma che ci ha fatto toccare il cielo con un dito, piangere dall’emozione e battere il cuore all’impazzata. La perfetta metafora di una vita insieme…

La nostra prima foto insieme, Fiammetta e Leonardo di Tip4tripS

Estate del 2012, la nostra prima foto di coppia. Ne abbiamo fatte di cose insieme, da allora…

INDICE

Vi presentiamo il Kilimanjaro

Probabilmente non necessita di presentazioni, anche se siamo convinti che per portare a termine l’impresa sulla sua vetta sarà essenziale conoscerne ogni dettaglio. Ecco quindi alcuni dati per iniziare a scoprire il “Tetto d’Africa” o, come lo chiamava la popolazione locale dei Chagga, “Kilwmakyaro”, cioè viaggio impossibile! Innanzitutto il Kilimanjaro si trova in Tanzania, al confine con il Kenya, fra le città di Moshi e Arusha. Come già accennato è la montagna singola più alta del mondo (non appartiene a nessuna catena montuosa), la più alta in assoluto del Continente africano, nonché un vulcano dormiente con ben tre crateri: Shira (3.962 metri), Mawenzi (5.149 metri) e Kibo, la cui vetta, Uhuru Peak, raggiunge i 5.895 metri s.l.m., ovvero il punto più alto della montagna.

Branco di elefanti con lo sfondo del Monte Kilimanjaro dal Parco Nazionale Amboseli in Kenya (Africa)

Vogliamo subito sfatare un mito: la famosissima foto degli animali selvatici con l’imponente Kilimanjaro sullo sfondo NON È FATTA DALLA TANZANIA, bensì dal Parco Nazionale Amboseli in Kenya, da cui però non è possibile scalare la montagna. Ah, e quella spettacolare cima innevata è un fenomeno tipico SOLO dei mesi invernali. Abbiamo già rovinato la magia? – Foto di Herbert Aust da Pixabay

Il Kilimanjaro è inoltre un’importante fonte d’acqua per la regione circostante (e lo scioglimento dei ghiacciai sta diventando un problema anche per questo) e un patrimonio mondiale dell’UNESCO, grazie alla presenza di una varietà di ecosistemi unica al mondo. Per finire, si fa per dire, il Kilimanjaro è una delle celebri “7 Summits”, le sette vette più alte di ciascun Continente, e tra queste è una delle più “semplici” da raggiungere, dato che non richiede competenze tecniche particolari o attrezzatura da arrampicata (soltanto gambe buone e resistenza all’altitudine). Per questo e tanti altri motivi, che vi spiegheremo con calma, il Kilimanjaro affascina e richiama persone da tutto il mondo; la bellezza e la sfida che rappresentano la sua scalata saranno una delle cose più appaganti della vostra vita.

Il Monte Kilimanjaro spunta dalle nuvole mentre siamo sul volo da Zanzibar ad Arusha, in Tanzania

La prima volta che abbiamo ammirato la cima del Kilimanjaro, stavamo volando da Zanzibar ad Arusha. Ed adesso stiamo per arrivare sulla sua cima…

Come raggiungere il Kilimanjaro?

Raggiungere le pendici del Kilimanjaro non sarà difficile, dato che nelle sue vicinanze si trovano ben due aeroporti, l’Arusha Airport (ARK), a 90 km di distanza, ed il Kilimanjaro International Airport (JRO) situato a soli 42 km. Questi aeroporti sono anche il punto di arrivo per chi ha intenzione di godersi un safari in Tanzania, quindi sono ben serviti e facilmente raggiungibili da tutte le principali città del Paese, e quindi anche dall’Italia con voli internazionali, facendo scalo a Zanzibar, Dar Es Salaam o altre città tanzane. Probabilmente raggiungerete uno di questi due aeroporti dopo aver già organizzato il trekking (o il safari) con un’agenzia locale tramite internet, cosicché si occuperanno loro del transfer e dell’hotel dove trascorrerete la notte prima di partire. Tuttavia, se arriverete qualche giorno prima dell’escursioni, potrete raggiungere l’alloggio da voi scelto usando un transfer privato o uno dei numerosi taxi fuori dal Terminal. In poche parole questa sarà la parte più semplice ed economica di tutto l’articolo. 

Il leone, re della foresta, avvistato durante un safari economico in Tanzania, nel Parco Nazionale Serengeti National Park (Africa)

Una volta lì, sarà difficile resistere alla tentazione di un safari

Barca che raggiunge il ristorante "The Rock" della spiaggia Pongwe Beach al tramonto. Una cosa da vedere sulla costa est di Zanzibar.

…e alle meravigliose spiagge di Zanzibar!

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Qual è il periodo migliore per scalare il Kilimanjaro?

Ora che abbiamo presentato il protagonista del nostro racconto e illustrato come raggiungerlo, è il momento di capire il periodo ideale per la sua ascesa. Detto fatto: il periodo migliore per scalare il Kilimangiaro è generalmente durante le stagioni secche (da gennaio a inizio marzo e da fine giugno a metà ottobre), con gennaio e febbraio considerati mesi eccellenti per l’impresa, grazie al meteo stabile e ai cieli limpidi. Tuttavia, proprio questo clima perfetto trasforma questi mesi in periodi di grande affluenza, con il rischio di dover condividere i sentieri e campeggi con una marea di persone, che potrebbero in parte offuscare la magia dell’esperienza. Stesso discorso per luglio e agosto, caratterizzati da scarse piogge e ottima visibilità, ma sempre con parecchia gente a causa delle vacanze estive nel nostro emisfero. Per questo motivo vi consigliamo di preferire settembre e ottobre, mesi con un perfetto compromesso fra clima favorevole e minor folla.

Folla di escursionisti e portatori durante il trekking "Machame Route" all'accampamento Shira Cave Camp del Monte Kilimanajaro, Parco Nazionale in Tanzania

Questa è la folla, nel mese di settembre, di soltanto una piccola parte del campeggio. Immaginatevi dunque gennaio o agosto.

Molto meglio evitare invece la “Stagione delle piccole piogge” a novembre, in cui sono comuni le piogge pomeridiane, e la “Stagione delle piogge” vera e propria (da marzo a giugno), segnata da intensi diluvi. Sì, è vero che in queste stagioni incontrerete sul vostro cammino meno persone possibili, ma il dover camminare sotto l’acqua e il non poter affacciarvi sul mondo dalla cima del Kilimanjaro, potrebbe diventare un grande rimpianto. Ricordatevi comunque che il tempo sul Kilimanjaro è imprevedibile tutto l’anno, quindi anche durante le stagioni secche potreste incontrare pioggia o neve, specialmente alle altitudini più elevate, evidenziando il fatto che sulla cima le temperature sono quasi sempre proibitive, oscillando fra i -5°C ed i -20°C. Pertanto la scelta del periodo “migliore” è come sempre soggettiva, dipendendo soprattutto dalla vostra tolleranza alla folla e alla resistenza di fronte ai cambiamenti meteorologici. In fondo, che la vostra ascesa sia baciata dal sole, dalla pioggia o dalla neve, l’importante è non dimenticarvi che siete sul punto più alto di tutta l’Africa!

Selfie di Don, nostro compagno di safari, sulla cima del Monte Kilimanjaro, durante una bufera di neve a settembre

Un esempio lampante a quello che abbiamo appena detto? Questo è Don, un nostro grande compagno di safari, che ha scalato il Kilimanjaro a settembre (due settimane prima di noi). Noi abbiamo trovato il cielo senza una nuvola, lui una bufera di neve.

È possibile scalare il Kilimanjaro in autonomia?

Una domanda che è sorta spontanea anche nelle nostre teste. Purtroppo la risposta è un NO assoluto, dato che per scalare la montagna è obbligatorio prenotare con un’agenzia locale autorizzata che si occuperà del necessario per la vostra scalata. Questo sia che siate scalatori esperti o, a maggior ragione, principianti. Le agenzie si occuperanno dei permessi necessari ad entrare nel Parco Nazionale del Kilimangiaro, dell’equipaggiamento, dei pasti e dell’organizzazione del trekking. Vi forniranno poi l’assistenza lungo il percorso, fornendovi guide esperte e “Porters” (= portatori), che si occuperanno del trasporto delle suddette attrezzature e provviste. Il lavoro di quest’ultimi, durissimo per una paga modesta, vi sarà di grande aiuto ed aumenterà le vostre possibilità di raggiungere la cima. Ricordatevi sempre della loro fatica; per ringraziarli quanto meritano e per riflettere sulla nostra fortuna.

A che agenzia rivolgersi per scalare il Kilimanjaro?

Visto che avete capito che per scalare dovrete rivolgervi necessariamente ad un’agenzia locale, la scelta di un partner affidabile diventa di fondamentale importanza per succedere nell’impresa, senza gravare eccessivamente sul budget. Sebbene il costo per la scalata del Kilimanjaro rappresenti una bella spesa, esistono agenzie che offrono un servizio più che ottimo (al pari delle più costose) a prezzi ragionevoli. Analogamente alla scelta del tour per il safari è essenziale che l’agenzia a cui farete affidamento sia appartenente alla TATO, “Tanzania Association of Tour Operator”, garanzia di professionalità e salari equi per il personale (comunque sempre troppo bassi). Se il vostro viaggio include sia un safari che la scalata al Kilimanjaro, prenotarli con la stessa agenzia potrebbe farvi ottenere sconti importanti.

Noi abbiamo dedicato circa un mese alla ricerca della migliore, contattando via e-mail diverse agenzie e confrontando meticolosamente preventivi, itinerari e servizi per trovare quella che facesse più al caso nostro. Abbiamo infine scelto “Kilele Climb Tours”, un’agenzia di Moshi che ci ha lasciato più che soddisfatti, sia per quanto riguarda il meraviglioso safari di 6 giorni che abbiamo vissuto con loro, sia per la sua grande squadra con cui siamo riusciti a coronare il nostro sogno in altitudine.

Foto di gruppo della squadra di "Kilele Climb Tours" che ci ha aiutato nel trekking sul Kilimanjaro, lungo la "Machame Route" di 6 giorni in Tanzania

Da sinistra a destra: Ambros, chef Paul, aiuto guida Douglas, Leonardo, Fiammetta, guida Michel, cameriere Maximillian, Joseph, Meru e (in ginocchio) Lodgud. Che squadra! 

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Quanto costa scalare il Kilimanjaro?

In generale, la Tanzania è considerata un paese con un costo della vita relativamente basso rispetto ai paesi occidentali, ma sfortunatamente questo non vale per le attività prettamente turistiche. Eccoci quindi alla nota dolente della scalata al Kilimanjaro: il prezzo per raggiungere la cima è decisamente alto, non alla portata di chiunque. È vero che si possono trovare agenzie con prezzi leggermente più economici e risparmiare con alcune attenzioni, ma dovrete ugualmente preventivare di spendere una bella cifra per questa impresa. Il budget minimo sindacabile? Non troverete nessuna esperienza di scalata, sicura e rispettosa del personale locale, a meno di 1.500€ a persona (con quelli di lusso che arrivano anche a 6.000€). Non fidatevi di offerte inferiori a questa cifra, in quanto vi ritroverete in un’esperienza non etica, con servizi di qualità scadente. Potrebbero sembrare cifre folli, ma continuando a leggere capirete che tutto questo non è affatto colpa delle agenzie.

Perché il trekking sul Kilimanjaro costa così tanto?

Scalare il Kilimangiaro rappresenta un’esperienza indimenticabile, ma ne varrà la pena a quei prezzi? È sicuramente un argomento molto soggettivo e noi, dopo aver pensato a lungo alla domanda, possiamo rassicurarvi che l’emozione che proverete sulla vetta oscurerà il ricordo di ogni centesimo speso. Ma perché costa così tanto? Sebbene i prezzi da agenzia a agenzia possano variare, è importante considerare che alcune spese dei tour sono fisse e inevitabili, e noi vogliamo farvi alcuni esempi (tutto in dollari americani):

  • Le tasse del Parco Nazionale del Kilimangiaro rappresentano una quota significativa del budget complessivo: solo per stare al suo interno si spendono 70$ al giorno a persona, a cui si aggiungono i costi per il campeggio (minimo 50$ a persona per notte) e per l’ingresso/uscita dei veicoli (almeno 40$). Facendo un veloce calcolo, in 6 giorni di trekking, solo di tasse, ci vogliono perlomeno 700$ a persona.
  • A ciò vanno aggiunti gli stipendi GIORNALIERI per il personale, il cui compenso è fondamentale per un’esperienza tanto etica quanto bella: minimo 10$ per i portatori, 12$ per i cuochi e 15$ per le guide. Lo sappiamo, è una miseria, ma queste sono le direttive del “Kilimanjaro Responsible Trekking Organization” (KRTO).
  • Non dimentichiamoci il trasporto da e per l’alloggio, l’equipaggiamento necessario (perlomeno tende, materassini, cucina, stoviglie, tavoli e sedie) e le provviste per l’intera spedizione (20$ al giorno a persona, comprendente anche quelle per lo staff).
  • Infine, è naturale che l’agenzia applichi un margine per il proprio lavoro e l’IVA tanzaniana del 18% al totale; il che rende difficilmente sostenibile un prezzo inferiore ai 1.500$ a persona. Capito perché offerte troppo economiche sono irrealistiche?

Queste sono in breve le spese delle opzioni più economiche, che offrono servizi essenziali e alloggi spartani. I tour di lusso infatti includono comfort aggiuntivi come pasti gourmet, tende spaziose, bagni portatili privati e accessori extra, facendo innalzare ancora di più il prezzo del tour. Scegliete quella che più preferite, l’importante è sceglierla ed iniziare a camminare!

Porta "Machame Gate", ingresso del Parco Nazionale Kilimanjaro National Park in Tanzania

Soltanto varcando quella soglia, abbiamo speso più di qualsiasi altro tour fatto in vita nostra

Paradossalmente, nonostante le tasse da capogiro che si pagano per stare all’interno del Parco, l’impatto di tutti questi soldi non si riflette minimamente sull’area. Oltre a sentieri dissestati, servizi igienici e punti di registrazione fatiscenti, e alla mancanza di acqua corrente, si percepisce anche una scarsa attenzione alla conservazione e alla pulizia del National Park stesso. Va bene non costruire nuovi edifici o infrastrutture, tuttavia con tutte le persone che ogni giorno affollano gli accampamenti sarebbe fondamentale pensare perlomeno di predisporre dei punti di raccolta della spazzatura, avviare un progetto per istruire i cuochi e tutti i portatori a non lasciare resti in giro (che sono veramente troppi) ed organizzare un sistema di smaltimento migliore per i bagni degli accampamenti. Ma già sappiamo che tutto ciò non succederà mai…

Cumulo di rifiuti sparsi sulla roccia all'accampamento "Barafu Camp", durante il trekking sul Kilimanjaro, in Tanzania

È davvero deprimente arrivare a quasi 5.000 metri e imbattersi in una cosa del genere

La regola della mance sul Kilimanjaro

Come avrete intuito, guide e staff del Kilimanjaro ricevono uno stipendio, ma veramente troppo esiguo per poter vivere. Per questo in Tanzania vige la regola delle mance, dove in quasi tutti i tour che farete gli accompagnatori si aspetteranno da voi un premio: anche se non obbligatoria, non darla sarebbe sinceramente un orribile gesto. Questo trekking non fa eccezione: oltre al costo di base considerevole, è buona abitudine prevedere anche una generosa mancia per chi fin lassù vi ci ha fatto arrivare. Ma state tranquilli che dopo aver assistito al loro instancabile lavoro sulla montagna, capirete quanto si meritino questo riconoscimento.

Sono i portantini che una volta raggiunto l’accampamento esausti (con circa 15-20 kg di peso sulle spalle) si faranno in quattro per montare la vostra tenda il più velocemente possibile, per farvi riposare, e si faranno altri chilometri a piedi alla ricerca di fonti d’acqua per cucinare e riempirvi le borracce. Sono i cuochi che, dopo aver portato anche loro grossi carichi, saranno sempre i primi a svegliarsi per servirvi la colazione e gli ultimi a dormire per cucinarvi la cena e pulire il tutto. Sono le guide che saranno sempre al vostro fianco, pronti a rispondere ad ogni vostra domanda, a raccontarvi le bellezze che vi circondano, a spronarvi e ad aiutarvi in qualsiasi momento di difficoltà. Senza tutti loro, per una persona normale, la vetta sarebbe un miraggio. Per questi e tanti altri motivi, lasciare la mancia è stato per noi, nati in una condizione più fortunata, un atto spontaneo e un sincero ringraziamento per il loro aiuto.

Qual è la giusta cifra per le mance sul Kilimanjaro?

Adesso che avete capito quanto sia importante la regola delle mance, sia per voi che per i vostri accompagnatori, dobbiamo per forza parlare nuovamente di soldi. Qual è la cifra giusta per le mance sul Kilimanjaro? Non esiste un importo fisso obbligatorio, tuttavia esistono delle linee guida ampiamente accettate, da cui è bene partire. Ecco le raccomandazioni sulle mance che ci ha fornito “Kilele Climb Tours”, l’agenzia low-budget con cui abbiamo prenotato:

  • Capoguida = 20-25$ al giorno
  • Assistente guida = 15-20$ al giorno
  • Cuoco = 12-15$ al giorno
  • Portatore/Cameriere = 10-12$ al giorno
  • Portatore normale = 7-10$ al giorno

Queste cifre si intendono da dividere per l’intero gruppo di turisti, non a persona! Per fare un esempio pratico: per 5 escursionisti la mancia giornaliera di un capoguida sarà 20$ diviso 5, ovvero 4$ ciascuno. Ricordatevi inoltre che queste sono le indicazioni di un’agenzia economica, perciò potrete ricevere linee guida maggiorate se la vostra sarà più “lussuosa”. Chiedere consiglio al proprio tour operator è sempre una buona prassi. Tuttavia, la decisione finale dovrebbe riflettere la qualità del servizio ricevuto: se la squadra si è presa cura di voi, rendendo l’esperienza memorabile, sentitevi liberi di dare una mancia più generosa, così come un servizio insoddisfacente potrebbe giustificare un importo inferiore.

Tutte le banconote, con gli animali africani, degli scellini tanzaniani. Moneta ufficiale della Tanzania, in Africa.

Per quanto riguarda le mance, vi consigliamo di usare i dollari americani. In questo modo, avrete il piacere di conservare questi splendidi scellini tanzaniani come ricordo del vostro viaggio.

Quanti accompagnatori ci saranno durante il trekking sul Kilimanjaro?

Una domanda che sembra banale, ma che a noi ha decisamente sorpreso. Mai avremmo pensato che per sole 2 persone avremmo avuto al seguito 1 capoguida, 1 assistente guida, 1 cuoco e ben 6 portatori, per un totale di 9 persone! Poi ci siamo accorti della mole di equipaggiamento e il peso che avevano da trasportare, ed abbiamo compreso subito il perché di una squadra così numerosa. Quindi, se volete farci i conti in tasca, per le mance per il nostro trekking di 6 giorni, avremmo dovuto dare almeno 297$ ciascuno. Per darvi brevemente altri numeri sugli accompagnatori, vi facciamo qualche esempio (trovate la lista completa sempre sul sito di “Kilele Climb Tours”):

  • Per un gruppo di 4 turisti ci vogliono: 1 capoguida, 1 assistente guida, 1 cuoco e 12 portatori
  • Per un gruppo di 6 turisti ci vogliono: 1 capoguida, 2 assistenti guida, 2 cuochi e 18 portatori
  • Per un gruppo di 10 turisti ci vogliono: 1 capoguida, 3 assistenti guida, 2 cuochi e 30 portatori (!!!)

Eh già, durante il trekking sul Kilimanjaro troverete parecchio traffico, e non solo di turisti…

Come risparmiare per il trekking sul Kilimanjaro

Lo sappiamo: leggendo gli scorsi paragrafi avrete sicuramente storto il naso. Anche noi non pensavamo che un trekking di fatica e di servizi base, in un Paese come la Tanzania, potesse avere prezzi così esagerati. Ma com’è che si dice? I sogni sono più importanti del denaro! Comunque siamo pronti a rendere questo sogno più accessibile, con alcuni consigli sul da farsi per contenere i costi. Prima cosa da sapere: per raggiungere la cima del Kilimanjaro ci sono ben 7 percorsi (chiamati “Route”), più o meno lunghi e piuttosto diversi tra loro. Logicamente la scelta della via influisce sulla durata e sulla difficoltà e, di conseguenza, sul prezzo: più giorni all’interno del Parco, più soldi per i permessi e quant’altro. Questa però è solo un’idea per risparmiare, non vogliamo certo farvi scegliere il percorso più facile e veloce, eh.

Un altro elemento da prendere molto più in considerazione è dato dalla dimensione del vostro gruppo: i tour privati, di due o tre persone, saranno ovviamente più costosi rispetto alle opzioni di gruppo, e anche la vostra quota per le mance varierà in base al numero di compagni di avventura. Allo stesso modo, la scelta del pacchetto incide significativamente sul prezzo: un’agenzia che offre comfort elevati (bagno privato, letti comodi, cibo di alta gamma) sarà inevitabilmente più cara di un’opzione essenziale. E diciamoci la verità, che gusto dell’avventura ci sarebbe, a scalare il Kilimanjaro con tutte le comodità di un hotel?

Tabella dei prezzi a persona dell'agenzia "Kilele Climb Tours", per il trekking sul Kilimanjaro di 6 giorni sulla "Machame Route" in Tanzania

Per darvi un’idea più precisa, ecco la tabella dei costi di “Kilele Climb Tours” per la “Machame Route” in 6 giorni, dove il “Deluxe Package” include numerosi extra.

Infine, è bene considerare che meno attrezzatura tecnica porterete da casa, maggiore sarà l’incidenza sul costo del tour, poiché il noleggio in loco sarà inevitabile se non vorrete morire di freddo in quota. Ad esempio, il sacco a pelo ha un costo di noleggio di circa 50$, i guanti da montagna 10$, la giacca pesante 20$ e gli occhiali da neve 10$. Anche questo, dunque, sarà un costo aggiuntivo da considerare.

Un’altra buona strategia per abbassare i costi è stata quella di prenotare sia il safari che il trekking con la stessa agenzia, che nel nostro caso è stata “Kilele Climb Tours”. Abbiamo dovuto fare un’insistente trattativa via e-mail, ma alla fine abbiamo ottenuto un notevole sconto sul “pacchetto”. Per risparmiare ancora di più avevamo anche scelto un tour di gruppo con altri tre partecipanti, ma un volo cancellato li ha costretti a posticipare la partenza. Nonostante ciò, “Kilele Climb Tours” ci ha comunque garantito la partenza, senza alcun sovrapprezzo per il tour privato. Chapeau.

Pertanto, trovare un prezzo stracciato per il trekking è impossibile, e altamente sconsigliato. Riassumendo il tutto è però possibile contenere leggermente il prezzo scegliendo di fare i percorsi in meno giorni possibili, unendosi a tour di gruppo, optando per pacchetti essenziali, portando con sé quanta più attrezzatura tecnica possibile e prenotando più tour con la stessa agenzia. Ricordate, tuttavia, che la cosa fondamentale è la vostra sicurezza e la qualità dell’esperienza, che non dovrebbero mai essere sacrificate in nome del risparmio.

Vista del Monte Kilimanjaro da lontano, durante il trekking lungo la "Machame Route" in Tanzania

E tenete sempre a mente il vostro traguardo: la cima del Kilimanjaro vi aspetta!

Quali sono le vie per la salita al Kilimanjaro?

Adesso basta parlare di soldi! Se siete entrati su questo articolo, lo avete fatto principalmente per saperne il più possibile sul trekking, e non per una lezione di economia. Perciò iniziamo a fare sul serio. Come già anticipato, per raggiungere la vetta del Kilimanjaro esistono 7 percorsi, vie o, per usare un termine internazionale, “Route”. La vostra decisione determinerà la durata dell’avventura, così come anche le condizioni che affronterete, la percentuale di successo e, inevitabilmente, il costo. E no, qui il detto “Una vale l’altra” non esiste: la scelta della giusta via è la decisione più importante da prendere. Scegliere un percorso più breve o provare a farlo in meno giorni, per risparmiare nei costi, potrebbe compromettere la vostra acclimatazione e, di conseguenza, la riuscita della vostra impresa. È quindi fondamentale saper valutare attentamente le vostre capacità, informarvi e conoscere i vari sentieri e, infine, selezionare quello più adatto alle vostre esigenze. Su cosa siete in grado di fare, la decisione spetta a voi, tuttavia noi possiamo darvi una grande mano con la questione delle 7 vie: “Machame Route”, “Marangu Route”, “Lemosho Route”, “Shira Route”, “Rongai Route”, “Umbwe Route” e “Northern Circuit Route”. Siete pronti a scoprirle?

Panorama e ghiacciai visti dalla cima Uhuru Peak, il punto più alto del Monte Kilimanjaro, durante il trekking sulla "Machame Route" di 6 giorni, in Tanzania

E siete pronti anche a conquistarle?

Avendo percorso solamente la “Machame Route”, le informazioni sulle altre vie le abbiamo raccolte grazie alla nostra guida Michel o da persone che ci hanno raccontato la loro avventura. Non avendole provate in prima persona, non possiamo dare per certo quello che leggerete nei prossimi capitoli.

Se i giorni a disposizione sono pochi o le energie limitate,
ciò non significa dover rinunciare al Kilimanjaro.
Esistono anche tour di 1 giorno per esplorare il suo Parco Nazionale!

1. Machame Route (6-7 giorni) – Percentuale di successo: 70-95%

Mappa del percorso di trekking sul Kilimanjaro "Machame Route", presa dall'agenzia "Kilele Climb Tours" in Tanzania

Il percorso della “Machame Route” ed i suoi campeggi – Mappa presa dal sito di “Kilele Climb Tours”

Iniziamo subito con la “Machame Route”, la via più famosa e percorsa dai trekker. Il perché? Ha un alto tasso di raggiungimento della vetta, grazie all’ottimo acclimatamento “Climb high, sleep low” (= “Sali in alto, dormi in basso”), è possibile farla anche in 6 giorni e la via dell’ascesa e della discesa sono completamente differenti, offrendo una straordinaria varietà di paesaggi. Sebbene sia considerata una via impegnativa. Non a caso, anche la nostra scelta è ricaduta proprio sulla “Machame Route”.

Affettuosamente soprannominata “Whiskey Route” dai tanzaniani per la sua capacità di avvolgere e inebriare come un sorso del pregiato distillato, questa via si estende per 62 km a partire dal “Machame Gate”, situato a 1.640 metri di altitudine. Si puo’ portare a termine in 6 o 7 giorni, con l’opzione da 7 che offre un prezioso giorno extra per l’acclimatamento, migliorando ulteriormente le possibilità di successo. È però importante notare che, indipendentemente dalla durata, il giorno dedicato alla vetta sarà in entrambi casi lungo e durissimo! Inutile dire che, essendo la scelta preferita da molti, potrete trovare questo percorso piuttosto affollato, specialmente durante l’alta stagione.

Per raggiungere il “Machame Gate” passerete attraverso caratteristici villaggi e aree coltivate, per poi superare la porta d’accesso al Parco ed immergervi all’interno della foresta pluviale. Giorno dopo giorno salirete verso la brughiera, il deserto alpino e terminerete l’ascesa nella zona artica, per poi ridiscendere lungo la “Mweka Route” (la parte meno panoramica). Zone che vi delizieranno con caratteristiche e paesaggi unici. Infine il pernottamento durante il trekking è previsto in tende all’interno di spazi designati, con WC comuni e senza disponibilità di elettricità o acqua corrente. In conclusione, la “Machame Route” rappresenta una scelta ideale per chi desidera un’avventura panoramica con ottime probabilità di successo, pur essendo pronto ad affrontare un percorso che richiede un buon livello di preparazione fisica.

2. Marangu Route (5-6 giorni) – Percentuale di successo: 50-85%

Mappa del percorso di trekking sul Kilimanjaro "Marangu Route", presa dall'agenzia "Kilele Climb Tours" in Tanzania

Il percorso della “Marangu Route”, con andata e ritorno sullo stesso percorso – Mappa presa dal sito di “Kilele Climb Tours”

La “Machame Route” è attualmente la via più celebre per scalare il Kilimanjaro, ma è importante ricordare che storicamente la “Marangu Route” deteneva questo primato (e talvolta viene ancora definita tale). Proprio per la sua passata e diffusa popolarità, è tutt’oggi conosciuta come la “Coca-Cola Route”, quasi a sottolineare che chiunque la conoscesse e potesse percorrerla. Questo itinerario ha la reputazione di essere “più facile”, essendo uno dei più brevi: con un minimo di soli 5 giorni si può toccare la vetta e ritornare al punto di partenza, seguendo (suo grande difetto) lo stesso percorso sia in salita che in discesa. Essendo “facile”, breve, ed avendo quindi un costo minore, sono in tanti a scegliere questa via, facendo sì che il sentiero sia quasi sempre molto affollato. Ma sarà tutto rose e fiori? Continuate a leggere, che è meglio…

Nonostante la sua brevità il percorso si estende per ben 72,5 km (iniziando a un’altitudine di 1.860 metri dal “Marangu Gate”) ed il fatto che siano molte persone a percorrerla contemporaneamente fa crollare la percentuale di successo drasticamente, arrivando a toccare quota 60%. Il fattore cruciale dei numerosi fallimenti? La pessima acclimatazione offerta da questo percorso, dove non si fa altro che salire, privando quindi gli escursionisti della preziosa opportunità di di adattarsi all’altitudine con il metodo “Climb high, sleep low”. Di conseguenza, molti rinunciano alla vetta a causa di problemi legati al mal di montagna. Ma l’elemento unico della “Marangu Route” è la presenza di rifugi per il pernottamento (tutti gli altri percorsi utilizzano solo le tende), che garantiscono un sonno più tranquillo e riparato…mal di montagna permettendo.

In conclusione, sebbene la “Marangu Route” fosse storicamente la più popolare, e sia l’unica ad offrire il vantaggio dell’alloggio in rifugi e un percorso apparentemente diretto, la sua durata di pochi giorni puo’ trasformarsi in una sfida molto dura per tanti. Per un’esperienza più sicura e potenzialmente più gratificante, soprattutto per i principianti, raccomandiamo un percorso più lungo, con una migliore acclimatazione, così da avere molte più probabilità di poter dire “Sono arrivato sulla cima del Kilimanjaro!”.

3. Lemosho Route (8-9 giorni) – Percentuale di successo: 90-95%

Mappa del percorso di trekking sul Kilimanjaro "Lemosho Route", presa dall'agenzia "Kilele Climb Tours" in Tanzania

La “Lemosho Route” ed i suoi numerosi campeggi – Mappa presa dal sito di “Kilele Climb Tours”

La “Lemosho Route” è, in poche parole, la via più adatta per i principianti, grazie alla sua facilità in termini di acclimatazione. I 63 km che la compongono vengono infatti percorsi dai 6 ai 9 giorni, dando al corpo il tempo necessario di abituarsi alle altitudini del trekking. Nei primi giorni di cammino, inoltre, ha addirittura una bassa affluenza, offrendo un’esperienza più tranquilla e intima con i paesaggi e la natura del Parco. L’itinerario inizia dai 2.800 metri del “Londorossi Gate” e prosegue con una salita graduale attraverso la foresta pluviale e la brughiera, avendo come caratteristica distintiva l’attraversamento, al 3° giorno, del vasto e scenografico Shira Plateau: con i suoi 3.962 metri è ciò che resta di Shira, il più antico dei tre coni vulcanici del Kilimanjaro, nonché uno degli altipiani più elevati al mondo. Dal 4° giorno il percorso si va ad unire con la rinomata “Machame Route” (e altre vie), permettendo di ammirare anche gli splendidi paesaggi già menzionati ma con più folla al seguito.

I punti di forza della “Lemosho Route” includono un’acclimatazione ottimale, grazie alla progressione graduale, una bellezza paesaggistica che rende il trekking molto appagante, una maggiore tranquillità dovuta al minore affollamento ed una fruizione adatta a tutti i livelli di fitness con una preparazione adeguata e, soprattutto, un’alta probabilità di successo. Tuttavia, l’unico vero punto a sfavore, vista la sua durata maggiore, è che avrete bisogno di più giorni e di più soldi a disposizione. Se il tempo e il budget ve lo permettono, questa via è considerata una delle migliori opzioni per aspiranti scalatori e non, eliminando la paura di non farcela e permettendo così di godere appieno l’ascesa al “Tetto d’Africa”.

Durante il primo giorno sarete trasportati dal “Londorossi Gate” al “Lemosho Glades” con una 4×4 e puo’ succedere che con voi venga anche un ranger armato. Tutto ciò perché potreste fare incontri tipici di un vero e proprio safari, con bufali ed elefanti, ed il fucile è una precauzione di sicurezza aggiuntiva. Detto questo, è importante sottolineare che l’uso delle armi contro gli animali è l’ultima carta che un ranger vorrebbe giocarsi: il loro obiettivo primario è la conservazione e la protezione, e impiegano metodi non letali (pattugliamenti, recinzioni, sistemi GPS, ecc…) il più possibile per gestire al meglio la fauna selvatica.

4. Shira Route (6-7-8 giorni) – Percentuale di successo: 65-90%

Mappa del percorso di trekking sul Kilimanjaro "Shira Route", presa dall'agenzia "Kilele Climb Tours" in Tanzania

Il lungo percorso della “Shira Route” – Mappa presa dal sito di “Kilele Climb Tours”

La “Shira Route” è un sentiero meno battuto, pur condividendo molti aspetti con la più popolare “Lemosho Route”. Sono così simili che alcuni la considerano la sua versione originale. Sebbene la distanza totale del percorso sia di soltanto 56 km, una delle sue peculiarità è l’elevata altitudine di partenza, lo “Shira Gate” (anch’esso raggiunto dal “Londorossi Gate” con una 4×4), che si trova a circa 3.500 metri s.l.m.. Questo rappresenta uno svantaggio significativo, poiché non attraverserete la lussureggiante foresta pluviale e, problema ancora più grosso, sarà più facile manifestare sintomi di “mal di montagna” già dal primo giorno, dormendo a circa 3.600 metri al Simba Camp. Considerando che in Tanzania non sono presenti centri abitati o luoghi ideali per abituarsi gradualmente all’altezza, sconsigliamo questa via a chi è alle prime esperienze di trekking in alta quota e non possiede una buona capacità di acclimatamento. Dobbiamo però dire che, logicamente, la percentuale di successo varia in base al numero dei giorni scelti: si va dal 65% per i 6 giorni, al 75% per 7 e ben il 90% per gli 8 giorni. Tuttavia, dato che già dal 2° giorno vi congiungerete con la similare “Lemosho Route”, quest’ultima è spesso preferita sia per la buona riuscita del trekking, sia per l’opportunità di attraversare tutte le diverse zone di vegetazione del Kilimanjaro. A voi la scelta!

5. Northern Circuit Route (8-9 giorni) – Percentuale di successo: 95-98%

Mappa del percorso di trekking sul Kilimanjaro "Northern Circuit", presa dall'agenzia "Kilele Climb Tours" in Tanzania

Potrebbe sembrare la “Lemosho Route”, tuttavia la “Northern Circuit Route” offre una deviazione esclusiva. – Mappa presa dal sito di “Kilele Climb Tours”

La “Northern Circuit Route”, senza girarci troppo intorno, è considerato l’itinerario più scenografico e con la più alta percentuale di successo, grazie al suo particolare percorso, alla sua lunga durata e al buon profilo di acclimatamento. 80 km da fare in 8-9 giorni, con partenza identica alla “Lemosho Route” (“Londorossi Gate”, con una 4×4 e “Lemosho Glades” compresi), ma che, superato lo Shira Plateau, si snoda lungo il lato settentrionale della montagna: una regione meno frequentata rispetto alle rotte meridionali, che garantisce un’immersione più profonda nella natura selvaggia e una maggiore tranquillità. Questo vi permetterà di esplorare zone meno conosciute, come la cima della Lent Hills, offrendo prospettive uniche e panorami spettacolari su Kibo e Mawenzi, i due principali coni vulcanici che compongono il Kilimanjaro. Dopo aver circumnavigato la celebre montagna, il percorso si unisce alla “Rongai Route”, per affrontare la salita finale al cratere e alla vetta, mentre la discesa avviene lungo la “Mweka Route”, come per molti altri itinerari.

In conclusione, scegliere la “Northern Circuit Route” significa optare per un’avventura più impegnativa in termini di tempo, ma che ricompensa con panorami eccezionali, un’ottima acclimatazione e un’esperienza di trekking sul Kilimanjaro più selvaggia e isolata. Con la quasi certezza di arrivare a mettere i piedi su Uhuru Peak, la vetta più alta d’Africa.

6. Rongai Route (6-7 giorni) – Percentuale di successo: 70-90%

Mappa del percorso di trekking sul Kilimanjaro "Rongai Route", presa dall'agenzia "Kilele Climb Tours" in Tanzania

Capite già da quest’immagine la vera particolarità della “Rongai Route” – Mappa presa dal sito di “Kilele Climb Tours”

Visto che abbiamo già nominato la “Rongai Route” (70 km) è bene farvela conoscere. Se tutte le vie iniziano dalla parte meridionale della montagna, la “Rongai Route” è l’unica che prende avvio dal lato nord, dal “Rongai Gate” (1.950 m s.l.m.) vicino al confine con il Kenya. Per raggiungere il punto di partenza dovrete però passare dal “Marangu Gate” e poi prendere un transfer di circa 2h30′: proprio questa sua posizione remota e difficile la rende la via meno trafficata di tutte, garantendo un’esperienza di trekking più tranquilla di tante altre. Anche l’inizio del percorso è in qualche modo unico, dato che attraverserete campi di mais prima di entrare nella classica foresta pluviale. Un grande suo difetto? Rispetto ad altri percorsi, in fin dei conti, la “Rongai Route” offre le viste meno memorabili. Comunque c’è da dire che, discendendo dalla settentrionale “Marangu Route”, avrete una maggiore varietà di paesaggi complessiva, con la possibilità di ammirare entrambi i versanti del Kilimanjaro.

Questo sentiero, mai troppo affollato, è inoltre particolarmente indicato per chi intende scalare il Kilimanjaro durante la stagione delle piogge (da marzo a giugno) e durante quella delle piccole piogge (novembre), dal momento che i rovesci sono più limitati lungo il percorso. L’acclimatazione, avendo 6-7 giorni a disposizione, non è male, anche se la sua conformazione non offre sempre le migliori opportunità per la strategia “Climb high, sleep low”. Perciò fare 7 giorni è una scelta intelligente se si vuole aumentare le possibilità di successo. In sintesi, la “Rongai Route” è una scelta eccellente per chi cerca un’esperienza di scalata più tranquilla, con un avvicinamento graduale e la possibilità di esplorare in una volta sola i lati nord e sud del Kilimanjaro. Sebbene non sia la via più scenografica in termini di punti panoramici, il suo senso di isolamento e la prospettiva unica la rendono un’opzione più che valida per numerose persone.

7. Umbwe Route (6-7 giorni) – Percentuale di successo: 60-75%

Mappa del percorso di trekking sul Kilimanjaro "Umbwe Route", presa dall'agenzia "Kilele Climb Tours" in Tanzania

Per comprendere appieno la “Umbwe Route”, cercate su internet la sua altimetria. – Mappa presa dal sito di “Kilele Climb Tours”

Considerata come la via più competitiva e diretta per scalare il Kilimanjaro, conosciuta come la più difficile per la sua ascesa ripida e veloce che mette a dura prova la resistenza fisica e mentale, e definita un percorso adatto solamente a escursionisti esperti con ottima capacità di acclimatamento. Beh, questa è la “Umbwe Route”: l’approccio più breve, scosceso e diretto a Uhuru Peak. Solamente 47 km totali a partire da “Umbwe Gate” (1.800 m s.l.m.), fattibili anche in 7 giorni, presenta però un sentiero ripido e impegnativo fin da subito, con tratti di simil-arrampicata su rocce. La rapida ascesa lascia dunque poco tempo per abituarsi all’altitudine, aumentando significativamente il rischio di mal di montagna. Inoltre, rispetto ad altre vie come “Lemosho” o “Machame”, la “Umbwe Route” offre meno varietà di paesaggi, pur attraversando comunque tutte le zone climatiche della montagna, poiché va a concentrarsi su una salita diretta. Tuttavia, proprio a causa della sua difficoltà, la “Umbwe Route” è generalmente meno trafficata rispetto ad altri percorsi più popolari, offrendo un’esperienza più isolata. In seguito, una volta raggiunto il “Barranco Camp”, il percorso torna sulla “Mweka Route”, della quale abbiamo già parlato abbastanza.

In conclusione, la “Umbwe Route” rappresenta una sfida seria, adatta a escursionisti esperti e ben allenati che cercano un percorso diretto e meno affollato verso la cima del Kilimanjaro, consapevoli dei rischi legati alla rapida ascesa. Se quindi questa è la vostra prima volta sul Kilimanjaro, è giusto che ve la prendiate con più calma e che vi godiate tutto ciò che vi circonda. La seconda volta potreste anche prendere in considerazioni questa via. Un avvetimento MOLTO IMPORTANTE: vi sconsigliamo vivamente di prenotare la “Umbwe Route via Western Breach” con sosta per la notte al “Arrow Glacier Camp”. Il perché ve lo spieghiamo subito nel prossimo capitolo…

8. Western Breach (8-9 giorni) – Percentuale di successo: 50-65%

Mappa del percorso di trekking sul Kilimanjaro "Western Breach", presa dall'agenzia "Kilele Climb Tours" in Tanzania

C’è una piccola, ma enorme, differenza per chi devia per la “Western Brench” – Mappa modificata, partendo da quella del sito di “Kilele Climb Tours”

Vi avevamo detto che le vie per il trekking sul Kilimanjaro sono 7, quando in realtà esistono alcune varianti meno note perché considerate troppo difficili o troppo pericolose per essere scelte dalla maggior parte degli escursionisti. Una di queste è la “Western Breach”: una via super scenografica, prenotabile con la maggior parte delle agenzie, ma tristemente nota per aver lasciato troppe vite spezzate lungo il suo tracciato. Questo perché la “Western Breach”, per arrivare all’Arrow Glacier Camp, si addentra direttamente attraverso una breccia formatasi nella parete del cratere Kibo. Stiamo parlando di una quasi arrampicata di 2 km, che in minimo 3 ore vi porterà da 3.950 metri a circa 4.900 metri…mica noccioline. Ma la vera criticità non è nella difficoltà fisica, bensì nell’instabilità della zona: spesso e volentieri dalla parete rocciosa si distaccano grandi massi, soprattutto a causa dello scioglimento dei ghiacciai che un tempo tenevano unite le rocce. Potete solo immaginare cosa possa succedere a chi abbia la sfortuna di camminarci in quel momento.

Purtroppo ci è capitato di vedere, da lontano, un’enorme frana proprio lungo il percorso del “Western Breach”: il terrore provato, nonostante la grande distanza, è stato sufficiente a sconsigliarvi di cuore questa deviazione. Anche se in quell’occasione fortunatamente non c’era nessuno sul sentiero. Probabilmente il racconto di James Balog, fotografo che si trovava sul percorso durante uno di questi incidenti, riuscirà ancora meglio a far ricadere la vostra scelta su un percorso più sicuro.

Quale via scegliere per scalare il Kilimanjaro?

Avete ora una visione completa delle diverse vie per scalare il Kilimangiaro, ognuna con le sue caratteristiche uniche in termini di paesaggi, difficoltà, affollamento e, soprattutto, acclimatamento. Non vi resta che decidere quale fa più al caso vostro. Questa scelta è ovviamente molto personale, ma al di là della vostra preparazione fisica e del vostro spirito d’avventura, tenete presente un aspetto cruciale: il nostro organismo “italiano” non è abituato alle altitudini. In Tanzania, le opportunità di pernottamento in quota sono limitate (la cima del Monte Meru, a 4.566 metri, e il bordo del cratere Ngorongoro, a 2.286 metri, offrono soste troppo brevi), pertanto, per la buona riuscita della vostra impresa, la migliore acclimatazione possibile sarà un fattore determinante. Le altezze alle quali camminerete durante il trekking sono molto elevate, quindi il vostro corpo avrà bisogno di abituarsi ed adattarsi a queste condizioni estreme. E ciò richiede tempo. Proprio per questo motivo, le vie più lunghe presentano un tasso di successo maggiore, poiché offrono al vostro organismo il tempo necessario per acclimatarsi gradualmente. In quest’ottica, le vie “Machame” da 7 giorni, la “Lemosho” da 9 giorni e la “Northern Circuit” da 9 giorni rappresentano le opzioni ideali.

Foto ricordo nel punto panoramico sul cratere Ngorongoro Crater, durante un safari nell'Area di Conservazione Ngorongoro Conservation Area in Tanzania (Africa)

Questo è Ngorongoro, in cui noi siamo potuti stare soltanto una notte…

Foto ricordo con vista sul Monte Meru, durante il trekking sul Kilimanjaro lungo la "Machame Route" di 6 giorni, in Tanzania

…mentre il Monte Meru lo abbiamo visto soltanto da lontano, mentre cercavamo di raggiungere Uhuru Peak.

Volete riuscire a raggiungere anche la cima del Monte Meru?
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Se poi il costo di un percorso più lungo vi preoccupa, potreste optare per un percorso di più breve durata, ricordandovi però di un altro fattore fondamentale, conosciuto anche come la regola del “Climb high, sleep low”: avere la possibilità, durante il giorno, di camminare ad altitudini più elevate rispetto a quella alla quale andrete a dormire. Come già vi spiegavamo, questo accade perlopiù lungo la “Machame” e la “Lemosho Route”. Tuttavia, ci sono veramente un’infinità di variabili tra cui scegliere: volete godervi di più i paesaggi? Allora “Northern Circuit” o “Lemosho Route”. Siete escursionisti esperti e puntate a raggiungere la méta nel minor tempo possibile? Allora “Umbwe”, “Rongai” o “Marangu Route”. Volete un’esperienza con meno persone possibili sulla vostra strada? Scegliete allora la “Rongai” o la “Northern Circuit Route”. E queste sono solo alcune…Insomma, i percorsi di trekking sul Kilimangiaro sono davvero pensati per soddisfare ogni preferenza.

La nostra prima notte in tenda durante il trekking sul Kilimanjaro, al campeggio "Machame Camp" lungo la "Machame Route" di 6 giorni, in Tanzania

“To climb” con calma è importante ma, in questo trekking, “to sleep” nel modo migliore possibile fa davvero la differenza.

La nostra scelta per il trekking sul Kilimangiaro

Come avranno notato i lettori più attenti, grazie alle nostre precedenti esperienze ad alta quota (anche oltre i 5.000 metri in Sud America) ci siamo sentiti pronti ad affrontare la “Machame Route” in 6 giorni. I primi giorni sono trascorsi con una semplicità quasi disarmante, paragonabili ad una piacevole scampagnata, mentre il giorno della vetta si è rivelato estremamente duro: dopo l’impresa titanica della scalata (in cui il nostro cervello si è riacceso solamente una volta arrivati in cima) siamo dovuti anche ridiscendere fino al “Mweka Camp”, camminando per un totale di 17,1 km, 13 ore, 1.260 metri di salita e ben 2.800 metri di discesa! E se la salita è stata estenuante, la discesa ci è sembrata un incubo senza fine! Perciò la morale di questa storia è: “Aver fatto in precedenza trekking ad altitudine elevate sarà sicuramente importante per conoscere le reazioni del proprio corpo all’altitudine, ma il giorno dell’ascesa alla cima del Kilimanjaro sarà ugualmente impegnativo, a prescindere dalla via scelta“.

Panorama e ghiacciai visti dalla cima Uhuru Peak, il punto più alto del Monte Kilimanjaro, durante il trekking sulla "Machame Route" di 6 giorni, in Tanzania

Nei momenti peggiori pensate a queste due cose: la salita è dura, ma il panorama da lassù e un sogno ad occhi aperti…

Meraviglioso paesaggio di palme e cascate viste durante il trekking alle "Upper Waterfalls" di Engare Sero (Lake Natron). Assieme ad una guida della tribù Maasai in Tanzania (Africa)

…e la discesa è infinita, ma fuori dal Parco vi aspettano meraviglie del genere (le Ngaresero Waterfall) che aspettano solo di essere conosciute.

Nelle vicinanze del Parco Nazionale Kilimanjaro potrete anche scoprire
le cascate di Materuni e le sorgenti termali di Chemka!

Come prepararsi per il trekking sul Kilimanjaro

Eh già, tocca ripeterlo. Affrontare un’impresa di tale portata, come quella del trekking sul Kilimanjaro, richiede una preparazione fisica molto buona, se non ottima. Sebbene i chilometri da percorrere ogni giorno non siano tantissimi, e spesso la pendenza sia fattibilissima, mano a mano che salirete l’aria sarà sempre più rarefatta, rendendo ogni sforzo più intenso. Considerate che dalla base alla cima l’ossigeno si dimezza, rendendo difficile persino pensare, figuriamoci camminare. Anche se potrete prepararvi percorrendo tanti chilometri settimanalmente, nessun allenamento potrà simulare la drastica carenza di ossigeno in alta quota (a meno che non viviate sopra i 3.000 metri). Quella sarà tutta una questione personale di come il vostro organismo si adatta e riesce ad acclimatarsi. Tuttavia, è possibile favorire questo processo evitando ulteriori stress al corpo, dove sul podio abbiamo il freddo ed il riposo notturno insufficiente. Un abbigliamento tecnico adeguato e ottimi sacchi a pelo sono quindi imprescindibili perché ciò non succeda. Ma perché non guardiamo insieme tutto ciò che è indispensabile per il trekking sul Kilimanjaro?

Attrezzatura necessaria per il trekking sul Kilimanjaro

È facile immaginare che per un’esperienza del genere, che sfiora i 6.000 metri, un equipaggiamento corposo e di alta qualità sia indispensabile. Per fortuna la maggior parte vi sarà fornita dalla vostra agenzia, anche se sarà necessario studiare nel dettaglio cosa includa il tour che avete acquistato e, nel dubbio, chiedere tutte le specifiche possibili prima di partire per la Tanzania. Quello che manca, o che vorrete migliorare, dovrete quindi portarvelo da casa. Inoltre dovrete fare una netta distinzione nell’insieme di tutto l’equipaggiamento (vostro e dell’agenzia) che servirà per il trekking: dovrete dividerlo, con giudizio, tra ciò che sarà affidato ai portatori (e ritrovato al campo base serale) e ciò che porterete in spalla, nel vostro zaino. Ecco perché andremo a dividere questo capitolo in altre due sezioni…

Esempio di attrezzature e vestiti per un viaggio in Tanzania e Zanzibar

Parte di quello che ci siamo portati in Tanzania (e Zanzibar) per il nostro viaggio di un mese

Cose da dare ai portatori

Per rendere la vostra ascesa al Kilimanjaro più agevole, una parte del vostro equipaggiamento sarà affidata ai portatori che, poveretti, dovranno portarsi in spalla (e spesso sulla testa) circa 15 kg ciascuno. Una grande risorsa per la riuscita dell’impresa. Come già detto, quello che darete a loro lo ritroverete la sera all’accampamento, perciò è saggio non dargli cose che potrebbero servirvi durante il giorno. E quindi cos’è che dovrete dargli?

  • Tenda da campeggio, fornita dalla vostra agenzia, sarà un modello 4 stagioni di buona qualità (ottima per affrontare le diverse condizioni climatiche). Nel nostro caso, “Kilele Climb Tours” ci ha fornito una tenda con una zona notte e un’anticamera coperta. Quest’ultima si è rivelata molto utile per lasciare l’equipaggiamento ingombrante (scarpe, zaini e borsoni), e per darci uno spazio dove mangiare, con tanto di tavolo e sedie.
  • Tutta l’attrezzatura per mangiare (tavolo, sedia, stoviglie, ecc…), anch’essa offerta dall’agenzia: una cosa che certo non mancherà durante la scalata al Kilimanjaro è il cibo. Specialmente i primi giorni, dove non si cammina troppo, la quantità di cibo che ci veniva fornita era veramente abbondante e, pur apprezzando, spesso non riuscivamo a mangiare tutto. Fortunatamente non c’è nessuno spreco: i portatori non si faranno pregare due volte per mangiare anche quel cibo!
  • Sacco a pelo da alta montagna, da noleggiare o portare da casa: noi abbiamo preferito utilizzare i nostri della Ferrino, poiché con temperatura estrema di -35°C, e non sappiamo che qualità avessero quelli tanzaniani. Nei nostri abbiamo dormito come pupi, anche perché li avevamo già testati, all’interno della “Rooftop Tent”, nelle gelidi notti in Islanda, senza mai avere problemi.
  • Materassino isolante, fornito dall’agenzia: fondamentale per ripararsi dal freddo e umido proveniente dal terreno sottostante e per rendere il sonno più comodo.
  • Piccolo cuscino per dormire: noi non lo abbiamo portato, ma la differenza tra mettere la testa su dei giacconi piegati o su un cuscino l’abbiamo capita con il passare delle notti.
  • Un borsone morbido (“duffle bag”) da almeno 70 litri: è quello in cui dovrete riporre tutto l’equipaggiamento personale, per poi darlo ai portatori. Il peso di questa borsa non deve superare i 15 kg, tuttavia cercate di limitarvi, cercando di farla più leggera possibile. I portatori ve ne saranno grati!
  • Vestiti di ricambio che non userete durante il giorno: quelli più pesanti nei primi giorni, quando si spera faccia più caldo, e quelli più leggeri per quando sarete belli in quota. Portatevi anche due buste stagne e impermeabili in cui dividere i vestiti puliti da quelli sporchi. Ah, ricordatevi che i sacchetti di plastica usa e getta in questo Parco sono proibiti!
  • Beauty serale: durante il giorno non avrete molto tempo per lavarvi i denti, darvi una rinfrescata o tagliarvi le unghie dei piedi, perciò inserite in questo beauty tutto quello che potrete e vorrete usare soltanto una volta arrivati all’accampamento. Se avete lo stomaco debole, inserite nel beauty anche un paio di mascherine FFP2: vi serviranno per andare in bagno agli accampamenti.
  • Qualcosa per passare il tempo una volta arrivati all’accampamento, come per esempio un E-book: tutti i giorni finirete di camminare piuttosto presto, perciò avrete diverse ore da dover riempire prima di andare a letto. L’importante è che sia qualcosa di leggero.
  • Un oggetto salvavita è la comodissima “Pee-Bottle”: sì, fa un po’ schifo pensarci, ma ci ringrazierete quando nel bel mezzo della notte non dovrete uscire dalla tenda per raggiungere, al gelo, i lontani bagni (spesso molto sporchi, quindi ancora più difficili da utilizzare al buio). Una semplice bottiglia d’acqua da 2 litri tagliata (usando il collo come imbuto) è perfetta per lo scopo! Ricordatevi però di lavarla e avvolgerla in qualche cosa prima di reinserirla nel borsone…
Spuntino dentro la tenda 4 stagioni, inclusa nel trekking sul Kilimanjaro, all'accampamento Shira Cave Camp lungo la Machame Route di 6 giorni

Anche se, come sempre, le robe più importanti ce le metterà la natura (tramonto su Kilimanjaro e spuntino in tenda allo “Shira Cave Camp”).

Cose mettere nello zaino personale

Durante le vostre giornate di trekking sul Kilimanjaro, avrete con voi uno zaino personale, certamente più piccolo e meno pesante di quello affidato ai portatori. Questo conterrà l’essenziale per affrontare la giornata, permettendovi di avere a portata di mano ciò di cui potreste aver bisogno durante la camminata. È fondamentale che sia non troppo grande (35 litri sono raccomandati), comodo (con schienale traspirante e spallacci imbottiti), leggero (massimo 5 kg) e con il peso all’interno ben bilanciato, poiché lo porterete sulle spalle per diverse ore tutti i giorni. Ma cosa non puo’ assolutamente mancare nel vostro zaino personale?

  • Acqua, almeno 2-3 litri al giorno: tenersi sempre idratati è una delle migliori medicine per contrastare il mal d’altura, quindi dovrete fare lo sforzo di bere il più spesso possibile. La migliore scelta perché ciò accada è di portare una sacca idrica, conosciuta come “camel bag”. Il primo giorno ricordatevi di portarla già piena, mentre le altre mattine la vostra squadra vi fornirà l’acqua (fatta bollire la sera precedente) per riempire le vostre borracce/sacche.
  • Thermos per mantenere i liquidi caldi, da almeno 1 litro: la nostra salvezza per la “Summit night” (gli altri giorni potete lasciarla anche ai portatori). Andando verso la cima, quando il termometro precipiterà certamente sotto lo zero, l’acqua non protetta si trasformerà in ghiaccio in un istante. Solo l’acqua (bollente) che avevamo messo nel thermos prima di iniziare la scalata si è salvata, permettendoci di scaldarci minimamente anche sulla cima (dove le temperature arrivavano a -18°C). Ricordiamo ancora lo stupore genuino delle guide di fronte a questa “invenzione” per loro inaspettata.
  • Snack energetici: anche se ogni giorno vi verrà dato un sacchetto con dentro degli spuntini, niente sarà paragonabile agli snack che potrete portare da casa. In Tanzania infatti non si trovano barrette energetiche della stessa qualità di quelle che si trovano in Italia e MAI abbiamo trovato in un supermercato di zona della frutta secca. Perciò fate il pieno di sacchettini prima di partire! Benché possa sembrare scellerato, noi abbiamo portato dall’Italia anche delle barrette di cioccolato: si scioglieranno durante il viaggio, è vero, ma con il freddo del Kilimanajro torneranno allo stato solido in un attimo.
  • Indumenti che potreste utilizzare durante il giorno: in caso di cambiamenti climatici improvvisi (nel bene e nel male) è sempre avere qualcosa con voi, come per esempio pantaloni e giacca antipioggia, calzini di ricambio, guanti, cappello, maglia più pesante, giacchetto antivento, occhiali da sole, ecc…
  • Power Bank da almeno 27.000mAh: nonostante sul Kilimanjaro non ci sia quasi mai ricezione, probabilmente userete il vostro telefono per fare delle bellissime foto ricordo. Non essendoci prese elettriche in nessuno degli accampamenti portate con voi un Power Bank bello potente se non volete ritrovarvi con il cellulare scarico sull’impagabile vetta. Ricordatevi di avvolgerlo in un panno di lana o in qualcosa di caldo, o si scaricherà ancor prima che possiate usarlo.
  • Dispositivi per fare le foto: ricordatevi di portare delle batterie di scorta e, specialmente il giorno dell’ascesa, tenerli più al caldo possibile, poiché l’altitudine ed il freddo potrebbero scaricarveli in un attimo.
  • Torcia frontale: fondamentale per la “Summit night”, quando camminerete per minimo 6 ore al buio, ma anche se il buio dovesse cogliervi durante gli altri giorni. Anche la torcia sarebbe meglio tenerla al caldo.
  • Documenti personali e denaro: seppure per entrare nel Parco basterà una foto del passaporto, portarselo dietro sembrerebbe la migliore scelta. Oltre a questo mettete nello zaino diversi dollari, che vi serviranno per pagare le mance e, perché no, festeggiare con una birra fresca il vostro ritorno alla civiltà.
  • Piccolo sacco impermeabile, Per proteggere i dispositivi elettronici, gli oggetti di valore e i vestiti di ricambio in caso di pioggia.
  • Piccolo beauty, per tenere a portata di mano gli essenziali per la giornata, come crema solare e burrocacao con protezione UV, salviette umidificate (non esiste acqua corrente), gel antibatterico per le mani e…tappi o cotone per le orecchie. Questi ultimi sono utilissimi in caso di vento forte, che infiltrandosi nelle orecchie potrebbe scatenare o intensificare il mal di testa da altitudine.
  • Kit di pronto soccorso: cerotti normali, cerotti per vesciche, disinfettante, garze sterili e medicine.
    Per quanto riguarda quest’ultime, vogliamo aprire una veloce parentesi. Oltre ai vostri farmaci personali, consultate il vostro medico curante in merito alla possibilità di farvi prescrivere il “Diamox” (o equivalente): questo agisce sui reni, acidificando il sangue e stimolando la respirazione, favorendo un’ossigenazione migliore e, quindi, l’acclimatazione. Noi lo avevamo ricevuto in dono dal nostro compagno di safari Don (sì, quello della foto di prima) ma fortunatamente non ne abbiamo avuto bisogno. Tuttavia, Don, prendendo una compressa la notte prima, ci ha detto che il “Diamox” è stata la sua salvezza contro una forte emicrania sorta poco prima della vetta.
  • Cintura Free-back, nostra fedele compagna da diversi anni: consideriamo ormai questa fascia lombare, con supporto per lo zaino, indispensabile per i nostri trekking di più giorni. Questo ingegnoso accessorio trasferisce il peso dalle spalle e dalla schiena direttamente alle anche, alleggerendo notevolmente la fatica. Camminare con il “Free-back” regala una sensazione di libertà e leggerezza sorprendente, e tutte le volte suscita ammirazione e curiosità fra i nostri compagni di viaggio. Ci teniamo a precisare che questa non è una sponsorizzazione (tuttavia, se in futuro volessero farlo troverebbero in noi dei promoter convinti!), quindi il nostro consiglio è sincero: questo accessorio funziona davvero!
Foto di spalle con la cintura Free-Back con sullo sfondo il Kilimanjaro, durante il trekking "Machame Route" in Tanzania

Anche se non è chiarissimo, Fiammetta sta indossando la Free-back. E sullo sfondo, se ancora non lo aveste capito, si staglia come sempre il Kilimanjaro.

Come vestirsi per il trekking sul Kilimanjaro

Abbiamo elencato tutto quello che dovrete mettere all’interno dei vostri “bagagli”, perciò ci resta soltanto da capire quello che dovrete mettervi addosso, ovvero i vestiti. Vestirsi adeguatamente è infatti di fondamentale importanza per affrontare con successo il trekking sul Kilimanjaro, dove le condizioni climatiche possono variare notevolmente in base all’altitudine e all’ora del giorno. La migliore scelta è senza dubbio quella di indumenti tecnici, caldi ma confortevoli, che vi permetteranno di godere appieno dell’esperienza. La strategia vincente è il cosiddetto “Sistema dei tre strati” (detto simpaticamente “A cipolla”), che consente di aggiungere o togliere indumenti in modo facile, così da mantenere una temperatura corporea sempre adeguata. Guardiamo il tutto più nel dettaglio:

Il “Sistema dei tre strati”

  1. Strato Base (a contatto con la pelle): questo strato ha la funzione di allontanare il sudore dal corpo, mantenendovi asciutti e prevenendo la sensazione di freddo. Scegliete materiali tecnici come lana merino o tessuti sintetici ad asciugatura rapida. Evitate il cotone, che trattiene l’umidità e può farvi sentire più freddo della temperatura esterna. Portate diverse magliette a maniche lunghe e corte, e calzamaglie termiche per le altitudini più elevate.

  2. Strato Intermedio (isolante): questo strato ha lo scopo di trattenere il calore corporeo. Optate per pile, felpe in microfibra, softshell o piumini leggeri. Portate almeno due strati intermedi di diverso spessore per adattarvi alle diverse temperature.

  3. Strato Esterno (protettivo): questo strato deve proteggervi dal vento, dalla pioggia e dalla neve. Optate per una giacca e pantaloni impermeabili e antivento di buona qualità e, per la vetta, prevedete un secondo paio di entrambi più pesante, simile a quelli da sci. Assicuratevi che sia tutto traspirante per evitare l’accumulo di umidità all’interno.

Abbigliamento tipico di molti portatori del trekking sul Kilimanjaro, con vestiti non adeguati

Per favore non presentatevi vestiti come questo portatore: nel loro giorno più impegnativo, indossava delle Crocs. Loro purtroppo non hanno alternative, voi sì.

Gli indumenti essenziali

  • Scarpe da trekking: saranno l’elemento più importante di tutto il trekking. Basterà un solo paio, alto alla caviglia e di ottima qualità (ma se ne volete portare anche un paio basso, nessuno vi dice niente), poiché troverete tratti su roccia che potrebbero diventare molto scivolosi se bagnati, e lunghi tratti di ghiaia, estremamente instabili. Considerato che saranno ai vostri piedi per tutto il tempo, scegliete delle scarpe il più comode possibili.
  • Scarpe comode: vi serviranno la sera, una volta arrivati all’accampamento, per far riposare i poveri piedi.
  • Calze da trekking, anch’esse importantissime: devono essere di qualità per proteggervi dal freddo, possibilmente di lana, e principalmente progettate per evitare irritazioni e la formazione di vesciche durante la camminata. Prevedete almeno un cambio al giorno. Un’aggiunta intelligente potrebbero essere delle sottocalze in seta, per impedire al calore di disperdersi.
  • Intimo termico: una scoperta recente, ma che abbiamo adorato fin dal primo momento. Durante le tappe in quota abbiamo indossato maglia e pantaloni termici sotto i vestiti e li abbiamo utilizzati anche come pigiama per la notte. Secondo noi utilissimi, si trovano sia per donne che per uomini.
  • Bastoncini da trekking: li utilizziamo sempre per i trekking in montagna. Sono di grandissimo aiuto per salire, ma anche in discesa, dove aiutano a non sbilanciarsi e sostenere il peso.
  • Pantaloni da trekking leggeri: ve ne serviranno almeno due paia, nel caso in cui troviate giornate di pioggia e vogliate cambiarli. Un’ottima idea sarebbe quella di portarne uno lungo e uno modulabile, così da avere anche la possibilità di farli diventare corti.
  • Felpe, softshell e giacca impermeabile: sono il miglior strato intermedio che potrete avere nelle giornate più fredde e piovose, assicurandovi che abbiano un’ottima protezione contro pioggia, freddo e vento. Sarà importante tenerle sempre nel vostro zaino personale, così da poterle togliere o indossare all’occorrenza.
  • Giacca e pantaloni da montagna: fondamentali per la “Summit night”, quando le temperature saranno davvero proibitive (nel nostro caso -18°C, ma puo’ anche essere peggio). Sebbene quelle di tessuto tecnico costino un occhio della testa, quelle che di solito usate per sciare in montagna potrebbero andare più che bene. Se, come noi, non doveste avere abbastanza spazio nella valigia che porterete dall’Italia, potrete noleggiare il tutto tramite la vostra agenzia. Però accertatevi in anticipo della qualità degli indumenti che vi daranno, poiché a noi hanno dato un giacchetto inadatto anche per andare a portare fuori il cane d’inverno.
  • Guanti, almeno due paia, uno più leggero per i primi giorni e uno da montagna per raggiungere la cima. Se siete particolarmente freddolosi, potrebbero essere di grande aiuto anche gli scaldini, da mettere a contatto con i piedi e con le mani prima o durante la salita.
  • Occhiali da sole, almeno di categoria 3: per proteggere i vostri occhi dal vento e, principalmente, dalla forte luce riflessa dalla montagna ad altezze considerevoli.
  • Cappello, berretto, passamontagna e scaldacollo: per proteggere la testa dalle diverse condizioni climatiche, prevedete un cappello con visiera per il sole, un berretto pesante per i giorni più freddi e uno scaldacollo di lana, da abbinare al berretto, per la salita alla cima. Infine un passamontagna è veramente versatile e puo’ proteggere collo, viso e testa. Noi avevamo solo il berretto di lana e lo scaldacollo, ma ci siamo pentiti di non aver portato anche un passamontagna: il vento pungente sulle pendici del Kilimanjaro, combinato con le basse temperature, può essere un problema serio. 

Per assicurarvi di prendere con voi tutto l’essenziale per il trekking sul Kilimanjaro, vi indirizziamo alla dettagliata e collaudata check-list fornita da “Kilele Climb Tours”. Questa risorsa vi offrirà una guida completa per preparare al meglio l’esperienza.

Selfie ricordo sulla cima del Monte Kilimanjaro, a Uhuru Peak, dopo 6 giorni di trekking lungo la "Machame Route"

A Uhuru Peak eravamo vestiti così, e non è stato per niente sufficiente a proteggerci dal freddo

Portare dei vestiti da donare ai portatori

Un aspetto del trekking sul Kilimanjaro che molti non sanno, o che scoprono troppo tardi, è la richiesta, da parte delle agenzie o direttamente dalle guide, di donare alcuni indumenti alla vostra squadra, specialmente ai portatori. Questo invito, che per noi rappresenta un piccolo gesto, assume un significato profondo per coloro che ci accompagnano. L’attrezzatura tecnica che noi consideriamo fondamentale per la riuscita dell’impresa, come scarponi performanti, giacche termiche e abbigliamento multistrato, per molti di loro rimane un miraggio! Abbiamo visto portatori camminare a 4.000 metri, con 15 kg sulle spalle, con scarpe rotte, pantaloni da ginnastica bucati e sandali chiusi, quindi se avete modo di portare dall’Italia qualche indumento più consono alla montagna…FATELO! Il vostro cuore e l’intero team vi saranno profondamente grati.

Pasti durante il trekking sul Kilimangiaro

Mentre si cammina in montagna, specialemente ad alte quote, è essenziale seguire una buona dieta e mangiare più di quello che si è consumato. Il cibo deve essere ad alto contenuto energetico, abbondante, appetibile e facilmente digeribile. Questi sono componenti importanti poiché è necessaria una grande quantità di energia. Perché, come qualsiasi escursionista non di primo pelo sa, i sintomi più comuni del mal di montagna sono nausea e perdita di appetito. E sul Kilimanjaro, questa necessità è stata presa anche troppo in parola. Durante il trekking mangerete tre volte il giorno (colazione, pranzo e cena) e mangerete tanto, troppo. Così tanto che a volte avanzerete i pasti. Volete qualche esempio?

La colazione tipica consiste in un’abbondante ciotola di porridge insieme a chapati, platano, vitumbua (pancake tanzaniano), uova e (tante) salsicce, il tutto accompagnato da cioccolata calda, tè o caffè. Il pranzo invece è quasi sempre al sacco, in cui troverete un panino farcito, uova sode, vitumbua, verdure crude, uno snack, frutta fresca ed un succo di frutta. Mentre la cena è spesso preceduta da pop-corn, seguita da quantità industriali di pasta o riso, zuppa di verdure, platano, patate, carne, pane e frutta fresca, sempre con bevande calde a scelta. La cosa buona è che i tour possono anche soddisfare richieste speciali come piatti vegetariani e vegani, allergie alimentari, prodotti senza glutine, ecc.. (da richiedere prima di iniziare il trekking). All’inizio i piatti sono stati tutti una piacevole scoperta, ma più i giorni passavano e più non ne potevamo più di quei cibi ripetitivi, poco invitanti e con sapori distanti anni luce dalle nostre abitudini. Speriamo tanto che per voi sia un’esperienza diversa!

Selfie con vista Monte Meru al campeggio "Shira Cave Camp", durante l'ora di cena con pasta, lungo il trekking sul Kilimanjaro

Che fai, non li mangi 300 etti di pasta in bianco, con vista Monte Meru?

Ci sono bagni sul Kilimanjaro? Come ci si lava?

Ecco la vera nota dolente del trekking sul Kilimanjaro. Va bene la fatica e l’altitudine, ma per tutti i soldi spesi per stare all’interno del Parco, uno si aspetterebbe almeno dei servizi igienici decenti. E invece no. Per ogni accampamento lungo il percorso troverete al massimo due bagni per sesso, che a definirli “strutture essenziali e spartane” gli facciamo un complimento. Si tratta infatti di latrine rudimentali con un semplice foro, circondati da pareti e coperture fatiscenti e porte spesso scardinate. Le condizioni igieniche possono quindi risultare molto precarie, specialmente quando le persone ad utilizzarle sono molte. Ecco perché tutte le agenzie mettono a disposizione, pagando un extra, dei bagni portatili, che verranno usati solo dal vostro gruppo.

Bagno con la vista sul Mawenzi Peak, durante il tramonto all'accampamento "Barafu Camp" lungo il trekking sul Kilimanjaro in Tanzania

Nonostante le condizioni dei bagni lascino molto a desiderare, la loro location è spesso insuperabile

Nota ancora più dolente sono però le docce e l’acqua corrente, del tutto assenti sulla maggior parte dei percorsi. Ciò verrà quindi sostituito da una ciotola con acqua bollente, una saponetta ed un asciugamano (fornita, dalla vostra squadra, ogni mattina al risveglio e la sera appena arrivati all’accampamento,), che servirà a darvi una veloce pulita superficiale. Più arriverà il freddo e più farà fatica spogliarsi, ma state tranquilli che il non lavarsi per qualche giorno non ha mai ucciso nessuno.

Igiene personale durante il trekking sul Kilimanjaro, in Tanzania

Una rinfrescante lavata mattutina e siamo pronti a tutto!

Le uniche due eccezioni alla mancanza di bagni e docce sono i campi di “Mandara Hut” e “Horombo Hut”, lungo la “Marangu Route”. Qui potrete dormire nei rifugi, utilizzare dei bagni con scarico e lavarvi con vere docce (con acqua fredda, a pagamento).

Il nostro trekking sul Kilimanjaro: la “Machame Route” in 6 giorni

Dopo aver condiviso tutti i consigli che ci sembravano fondamentali per affrontare quest’impresa, è giunto il momento di raccontarvi la nostra esperienza. Potremo così rispondere, senza accorgercene, anche alle ultime domande rimaste in sospeso. Eccovi dunque il resoconto del nostro trekking di 6 giorni sul Kilimanjaro attraverso la “Machame Route”. Zaino in spalla, che si parte!

1° GIORNO
Machame Gate (1.800 m s.l.m) → Machame Camp (2.835 m s.l.m)
10,4km

Finalmente ha inizio la nostra impresa! Ci siamo accordati con l’agenzia “Kilele Climb Tours” perché venissero a prenderci all’hotel “Osotwa Maasai Hostel” di Arusha, dove abbiamo passato la notte dopo il rientro dal nostro indimenticabile safari. Con solo una notte di pausa tra un’avventura e l’altra non c’era stato nemmeno il tempo per un pre-briefing, sebbene la nostra guida ci abbia dato tutte le informazioni necessarie una volta arrivati ai piedi della montagna. Circa 2 ore di auto ci separano dall’ingresso del Parco Nazionale del Kilimanjaro. Durante il tragitto il paesaggio ci scorre accanto tra campi coltivati, piccoli villaggi e vivaci bancarelle di ogni tipo, fino ad arrivare al punto di ritrovo dove tantissimi altri gruppi sono pronti per la stessa avventura. Qui conosciamo finalmente il nostro squadrone di supporto, guidato da Michel, una figura rassicurante che fin da subito ci mette a nostro agio con il suo sorriso. Tempo di caricare tutto il necessario sul piccolo furgone che si riparte verso il “Machame Gate”, punto di partenza del trekking.

Una volta arrivati al “Machame Gate”, verso le 11:00, inizia l’attesa più snervante di tutto il cammino: mentre noi fremiano per muovere i primi passi, le guide e i portatori sono impegnati nelle lunghe procedure di registrazione e nella scrupolosa pesatura dei bagagli, dove ogni sacca non deve superare i 15 kg. Ci sono così tante persone che dobbiamo aspettare quasi 2 ore. Fortunatamente, nel frattempo ci viene dato il pranzo (al sacco), dandoci l’opportunità di mangiare, scambiare qualche parola con gli altri escursionisti (chi saranno i nostri compagni di avventura?) e curiosare tra i pannelli informativi del Parco. Quando finalmente tutto è pronto, Michel ci illustra l’organizzazione del trekking, rivelandoci una sorpresa: saremo solamente in due in questo tour di 6 giorni, poiché gli altri tre partecipanti previsti hanno perso l’aereo e partiranno con un altro gruppo domani. Non sappiamo se essere felici oppure no, ma adesso non importa…quello che conta davvero è iniziare il cammino!

Cartello del "Machame Gate", punto di partenza della Machame Route per la scalata al Kilimanjaro, in Tanzania

“Machame Gate” = SI PARTE!

Il primo giorno si snoda come una piacevole passeggiata nel cuore della foresta. Si inizia a salire, ma il dislivello non è importante, quindi ne approfittiamo per goderci i fiori e le piante tropicali, mentre scambiamo due chiacchere con Michel e le altre persone che incontriamo lungo il percorso. Gli unici a sentire il peso della fatica, nonostante l’abitudine, sono i portatori, le cui spalle sostengono il pieno carico delle provviste per almeno sei giorni. Ma Michel ci ricorda subito la filosofia di questa avventura con la parola d’ordine “Pole pole”, ovvero “Piano piano”: chi vuole riuscire in questa impresa non deve avere fretta, la cima si conquista un passo alla volta.

Foresta di montagna, habitat incontrato durante il 1° giorno di trekking sul Kilimanjaro attraverso la "Machame Route"

La foresta che avvolge la Machame Route è un ambiente verdeggiante e costantemente in ombra, un habitat rigoglioso che però, purtroppo, non offre molte opportunità di incontrare nessun piccolo animale

Portatori con i borsoni pieni su spalle e testa durante il 1° giorno di trekking sul Kilimanjaro attraverso la "Machame Route"

Mentre noi ci immergiamo nel paesaggio, loro trasportano pesanti borsoni su ogni parte del corpo. Non chiedeteci come facciano…

Raggiungiamo il primo accampamento, il “Machame Camp”, in circa 2 ore, lasciandoci ampio tempo per rilassarci e contemplare il paesaggio circostante. Durante la nostra camminata ci eravamo accorti di uno spazio, poco prima dell’accampamento, dove potrebbe esserci una vista niente male. Non ci sbagliavamo: appena le nuvole fanno spazio al sole il Kilimanjaro si palesa davanti ai nostri occhi in tutta la sua maestosità. Torniamo nel solito punto dopo cena, per goderci un bellissimo tramonto con la sua vista mentre facciamo un brindisi con un tè caldo: da questa prospettiva privilegiata la cima sembra un miraggio lontano, quasi irraggiungibile in così pochi giorni. Eppure, siamo qui proprio per questo…

La prima firma messa durante il trekking sul Kilimanjaro, all'accampamento "Machame Camp" lungo la "Machame Route" in Tanzania

La nostra prima firma sul “Logbook”, da mettere appena si arriva all’accampamento

Punto panoramico sul Monte Kilimanjaro vicino all'accampamento "Machame Camp", durante il 1° giorno di trekking sul Kilimanjaro in Tanzania

Kilimanjaro, stiamo arrivando!

2° GIORNO
Machame Camp (2.835 m s.l.m) → Shira Cave Camp (3.750 m s.l.m)
4,7 km + 1,2 km

Il secondo giorno si rivela un altro gioco da ragazzi, con meno di 5 km a separarci dalla meta della tappa odierna. Già alle prime luci dell’alba, dopo una colazione energetica, siamo pronti a partire. La foresta piano piano viene sostituita da una vegetazione sempre più bassa, quella tipica della brughiera d’alta quota (che si estende fra i 2.800 metri ed i 4.000 metri). Al posto degli alberi spuntano cespugli tenaci e macchie di colore grazie ai fiori di erica e della “syncarpha”, una pianta caratteristica di queste terre (in inglese “everlasting”, per la persistenza dei fiori secchi a mantenere la loro forma e colore a lungo). Ma è un’altra presenza a migliorare questa giornata di cammino: il Monte Meru, la seconda vetta più alta della Tanzania (4.566 metri), fa capolino tra le nuvole basse, offrendo una visione perfetta del suo cono vulcanico. La sua presenza scenica, unita al sole che ci fa sentire tutto il suo calore, rende la passeggiata un piacere per tutti i sensi. La giornata di oggi è così semplice e piacevole che, nonostante le infinite soste per scattare foto, alle 11:00 siamo già al campo di stanotte, lo “Shira Cave Camp”. Abbiamo tempo di rilassarci e goderci il panorama prima del pranzo.

Paesaggio di brughiera durante il 2° giorno di trekking sul Kilimanajaro, attraverso la "Machame Route"

Il paesaggio della brughiera è in continua metamorfosi, rivelando spesso scenari che paiono usciti da un bosco incantato

Vista panoramica, sopra le nuvole, durante il 2° giorno di trekking sul Kilimanajaro, attraverso la "Machame Route"

Nonostante non abbiamo ancora raggiunto i 4.000 metri, la sensazione di essere in cima al mondo è già incredibilmente forte

Vista panoramica sul Monte Meru, durante il 2° giorno di trekking sul Kilimanjaro attraverso la "Machame Route"

La pendenza si fa sentire, ma con queste viste viene voglia di scoprire cosa c’è ancora più in alto

Cartello dell'accampamento "Shira Cave Camp" (con l'adesivo Tips4tripS), termine del 2° giorno di trekking sul Kilimanjaro attraverso la "Machame Route"

“Shira Cave Camp” raggiunto e adesivo Tips4tripS orgogliosamente esposto

Nel pomeriggio, Michel vuole che dedichiamo del tempo prezioso all’acclimatazione con una breve escursione di 1,2 km. Raggiungiamo così la grotta Shira Cave per poi spingerci ancora un po’ più in alto. Lì ci concediamo una trentina di minuti per respirare con calma ed immergerci nella bellezza del paesaggio, prima di fare ritorno alle nostre tende. Ad attenderci uno dei tramonti più indimenticabili di questo viaggio: il Monte Meru emerge tra le nubi infuocate, alle nostre spalle il Kilimanjaro ci guarda dall’alto, e lo Shira Plateau sta per scomparire nelle tenebre. Poco prima, un coro imponente di portatori aveva intonato la colonna sonora di questo viaggio e, da oggi, di questo grandioso spettacolo naturale.

La "Shira Cave", una piccola grotta incontrata durante il 2° giorno di trekking sul Kilimanjaro, attraverso la Machame Route

La Shira Cave non è altro che una minuscola grotta, adiacente all’omonimo campeggio, che veniva usata dai primi scalatori come alloggio

Foto ricordo, con vista panoramica, dal punto di acclimatazione raggiunto durante il 2° giorno di trekking sul Kilimanjaro, attraverso la "Machame Route"

Ciononostante, la vera attrazione dell’accampamento è il suo punto più elevato: ottimo per l’acclimatazione e perfetto per rifarsi gli occhi 

Splendido tramonto, con vista Monte Meru, visto dall'accampamento "Shira Cave Camp" durante il trekking sul Kilimanjaro, nel 2° giorno della "Machame Route"

Dobbiamo aggiungere altro?

Jambo, jambo bwana (Ciao, ciao signore)
Habari gani? (Come stai?)
Mzuri sana (Molto bene)
Wageni mwakaribishwa (Ospiti, siete i benvenuti)
Kilimanjaro, hakuna matata (Kilimanjaro, non ci sono problemi)
Tembea pole pole, hakuna matata (Cammina piano piano, non ci sono problemi)
Utafika salama, hakuna matata (Arriverai sano e salvo, non ci sono problemi)
Kunywa maji mengi, hakuna matata (Bevi molta acqua, non ci sono problemi)
Jambo, jambo bwana (Ciao, ciao signore)
[….]

3° GIORNO
Shira Cave Camp (3.750 m s.l.m) → Barranco Camp (3.900 m s.l.m)
10,1 km

Se la sera precedente ci ha regalato un tramonto da cartolina, l’alba che accoglie questo nuovo giorno non è da meno, promettendo un’altra intensa giornata di emozioni. Quella che ci prepariamo ad affrontare oggi è una lunga e importante tappa per l’acclimatamento, a nostro parere la parte più bella in assoluto della scalata al Kilimanjaro (escludendo la cima, naturalmente). Alle 7:00 il sole splende, il Monte Meru ed il Kilimanjaro sono sempre lì a farci compagnia, e ci avviamo verso il punto più alto che raggiungeremo oggi, la Lava Tower, a 4.600 metri di altezza. Questa iconica formazione di roccia lavica, alta 90 metri e con un’età stimata di 150.000 anni (quando il Kilimanajro era ancora un vulcano attivo), rappresenta un punto di acclimatamento cruciale per la buona riuscita dell’impresa. Viene infatti raggiunto il deserto alpino, un habitat che inizia a mettere alla prova il nostro organismo con altitudini considerevoli: molti escursionisti sperimentano difatti i primi lievi sintomi del mal di montagna, rendendo la Lava Tower una sorta di banco di prova per la reazione del corpo. È quindi il luogo perfetto per fermarsi a pranzo e trascorrere del tempo, aiutando il corpo ad adattarsi alla minore concentrazione di ossigeno, prima di ridiscendere a un campo base più basso per dormire (vi ricordate il “Climb high, sleep low”?). Inoltre, da questo momento in poi il percorso inizia a farsi più affollato, poiché qui le vie “Lemosho”, “Machame” e “Shira” si uniscono, rimanendo insieme fino alla fine.

Alba sul Monte Kilimanjaro, vista dall'accampamento "Shira Cave Camp" durante il trekking "Machame Route" in Tanzania

Come iniziare una giornata nel migliore dei modi

Portatori lungo la salita del deserto alpino, con vista Monte Meru, del 3° giorno di trekking sul Kilimanjaro attraverso la "Machame Route"

Anche il meteo, con le continue giornate di sereno, ci sta regalando viste sempre più vaste man mano che saliamo, rendendo però ancora più amaro il pensiero di chi non può goderne appieno per l’eccesivo peso addosso

Vista della Lava Tower da lontano, durante il 3° giorno di trekking sul Kilimanjaro, lungo la "Machame Route", in Tanzania

Ammirate la Lava Tower, la cui imponenza diventerà chiara quando capirete che sono persone quelle nell’angolo a sinistra

Raggiungiamo la Lava Tower attorno alle 11:00, concedendoci tutto il tempo necessario per acclimatarci e goderci con calma il pranzo (per noi un panino da mangiare sulle rocce, per i tour di lusso una tavola imbandita al coperto). Ma l’altitudine ed il vento pungente si fanno sentire, così come un leggero mal di testa per Leonardo, quindi preferiamo rimetterci in cammino senza soffermarci più del dovuto. Iniziamo a ridiscendere verso i 3.900 metri del “Barranco Camp”, attraversando una prima parte con non molto da segnalare (tranne il Kilimanjaro, sempre presente), che sfocia però in un tratto finale semplicemente meraviglioso. Il nostro cammino è costellato da lobelie deckenii, seneci giganti del Kilimanajaro (due specie endemiche del Parco), ruscelli e cascate, in un contesto di vegetazione e rocce che avvolgono tutto in una magica atmosfera. Spettacolo (naturale) puro!

Foto ricordo con il cartello di arrivo alla Lava Tower durante il trekking sul Kilimanjaro, con lo striscione dell'agenzia "Kilele Climb Tours"

Un grande traguardo è stato raggiunto, anche se noi puntiamo ancora più in alto

Vista della Lava Tower durante il 3° giorno di trekking sul Kilimanjaro, lungo la "Machame Route", in Tanzania

Saremmo stati per ore a guardare le vette frastagliate della Lava Tower, se non fosse sopraggiunto il mal di montagna

Formazioni rocciose e deserto alpino nella discesa dalla Lava Tower, nel 3° giorno di trekking sul Kilimanjaro lungo la "Machame Route"

Riniziamo quindi a scendere, passando così nuovamente dal deserto alpino…

Cascata naturale tra le rocce del Parco Nazionale Kilimanjaro, durante 3° giorno di trekking lungo la "Machame Route" in Tanzania

…fino alla brughiera, dove ci aspettano piccole ma incantevoli cascate…

Pianta di "Lobelia Deckenii", specie endemica del Parco Nazionale Kilimanjaro, in Tanzania

…vivaci piante di “Lobelia Deckenii”…

Esemplari di "Senecio gigante" con sullo sfondo il Kilimanjaro, pianta endemica del Parco Nazionale, nel 3° giorno di trekking lungo la "Machame Route"

…e, soprattutto, incredibili esemplari di “Senecio gigante del Kilimanjaro”, di gran lunga le nostre piante preferite di tutto il trekking.

Foto ricordo con un altissimo "Senecio gigante del Kilimanjaro", pianta endemica del Parco Nazionale, nel 3° giorno di trekking lungo la "Machame Route"

Il “Senecio gigante” è un maestro nell’arte della sopravvienza, sebbene la sua crescita sia un processo incredibilmente lento, misurabile in 3-5 cm all’anno. Immaginate, quindi, la storia racchiusa in questa pianta.

Prima delle 14:00 siamo già al sicuro nella nostra tenda al “Barranco Camp”, guadagnando ore preziose per riposare prima dell’impegnativa tappa di domani. Ma la bellezza che ci circonda è un richiamo troppo forte, e non resistiamo dall’esplorare a più non posso i dintorni del campeggio, desiderosi di ammirarlo il più possibile. Il tempo vola, ed in un batter d’occhio arriva l’ora del tramonto: stavolta è il Kilimanjaro a tingersi di rosso fuoco, regalandoci così un’altra indimenticabile cena tanzaniana.

Sentiero pieno di "Senecio gigante", pianta endemica del Parco Nazionale Kilimanjaro, durante il 3° giorno di trekking sulla "Machame Route", in Tanzania

Gli ultimi metri, prima dell’accampamento, sono i più suggestivi: Seneci secolari si ergono come guide naturali lungo il sentiero

Gruppo di persone con il telefono in mano, nell'unico punto con linea all'accampamento "Barranco Camp", sotto il Kilimanjaro, durante il trekking "Machame Route"

«Dimmi che al “Barranco Camp” c’è linea telefonica, senza dirmi che al “Barranco Camp” c’è linea telefonica» 

Magnifico tramonto che tinge di rosso fuoco il Monte Kilimanjaro, visto dall'accampamento "Barranco Camp" durante il 3° giorno di trekking sulla "Machame Route" in Tanzania

Se il primo giorno di trekking sembrava inarrivabile, da qui la vetta del Kilimanajro sembra quasi di poterla toccare con un dito. E con questi colori vorremmo davvero poterlo fare. 

4° GIORNO
Barranco Camp (3.900 m s.l.m) → Barafu Camp (4.673 m s.l.m)
8,4 km

Chi sceglie di fare la “Machame Route” in 7 giorni, avrà questa tappa divisa in due parti, aumentando significativamente le possibilità di una corretta acclimatizzazione all’alta quota:

 1. Barranco Camp (3.900 m s.l.m) → Karanga Camp (3.995 m s.l.m.) – 5,0 km
2. Karanga Camp (3.995 m s.l.m.) → Barafu Camp (4.673 m s.l.m) – 3,4 km

È già il 4° giorno di camminata, siamo a più di metà trekking! Peccato che manchino ancora le due tappe più lunghe e impegnative…Oggi ci aspetta infatti una partenza all’alba: alle 6:00 siamo già in marcia, per evitare la potenziale folla che potrebbe rallentare o complicare la salita del famigerato Barranco Wall. Questo tratto è caratterizzato da una ripida ascesa su un sentiero stretto e sterrato, dove i sorpassi potrebbero rivelarsi molto difficili. Comunque vogliamo tranquillizzarvi: nonostante il nome “Wall” (muro), è più precisamente una ripida scarpata che si erge sopra il “Barranco Camp”. Visto dal campeggio il muro può incutere timore, tuttavia avvicinandosi si svela come un sentiero a zig-zag ben definito, simile a una scalinata naturale incastonata tra le rocce. Prima di partire avevamo letto e sentito ogni genere di racconto su questo passaggio, spesso descritto come uno dei più ardui e pericolosi dell’intero Kilimanjaro, quando in realtà, per noi, è stato uno dei più divertenti.

Panorama del 4° giorno di trekking, lungo la "Machame Route", nel Parco Nazionale Kilimanjaro, in Tanzania

Oggi ci sarà da faticare, ma anche da apprezzare questi incantevoli scorci

Siamo fra i primi ad affrontare il Barranco Wall, cosicché procediamo con un buon ritmo e quasi non percepiamo la difficoltà. Vi ricordiamo che ci troviamo tra i 3.900 ed i 4.200 metri di altezza, perciò vale sempre la parola d’ordine “Pole pole” e c’è da procedere con calma e costanza. Gli unici che sicuramente si possono lamentare di questo tratto sono i portatori, costretti ad affrontare questa ripida pendenza con carichi enormi sulle spalle, rischiando di perdere l’equilibrio. Tuttavia, la solidarietà che emerge è commovente: portatori e guide si aiutano reciprocamente nei tratti più difficili, e chi ha più energie si fa carico del peso altrui. In questo trekking non esiste gerarchia, ma solo compagni di lavoro e di avventura uniti dallo stesso obiettivo.

I portatori intenti a superare la ripida salita sulle rocce chiamata "Barranco Wall", durante il 4° giorno di trekking sul Kilimanjaro attraverso la "Machame Route"

Il “Barranco Wall” metterà a dura prova le vostre gambe…e la vostra coscienza di fronte al sacrificio dei portatori per un magro compenso

Vallata di numerose piante bruciate dagli incendi, nella brughiera del Parco Nazionale Kilimanjaro, in Tanzania

La parte peggiore l’abbiamo però incontrata poco dopo il “Barranco Wall”, quando ci siamo trovati di fronte a una vallata spettrale, segnata da piante carbonizzate. Una cicatrice purtroppo frequente nel Parco, vittima di vasti incendi che divampano incontrollati.

In men che non si dica ci ritroviamo alla fine della scarpata, accolti dal tepore del sole nascente. Siamo tornati all’interno del deserto alpino e intorno a noi la natura ci sta abbandonando. La camminata continua quindi senza troppe sorprese, passando sotto gli oramai scomparsi ghiacciai Heim e Kersten (che purtroppo si sono ritirati rispettivamente nel 1996 e nel 2011) e raggiungiamo, superando velocemente, il “Karanga Camp” (3.995 m s.l.m.) per fermarci poco dopo per un pranzo con vista. Riprendiamo il cammino che assume quasi una tonalità monotona, finché un lungo tratto non ci regala una visuale nitida del Western Breach, la ripida via secondaria che vi abbiamo sconsigliato di fare. Proprio mentre lo stiamo osservando attentamente, con Michel che ci illustra le sue caratteristiche, un’imponente frana si stacca fragorosamente dalla parete, e abbiamo modo di assistere all’evento da una distanza di sicurezza. Un brivido ci percorre la schiena, con la speranza che nessuno si trovasse su quel cammino, che ora è scomparso sotto una densa colonna di polvere. In quel momento, guardandoci negli occhi, ci ripromettiamo che mai e poi mai oseremo avventurarci attraverso il Western Breach!

Vista ravvicinata dei pochi ghiacciai rimasti sulle pareti del Monte Kilimanjaro, durante il trekking sulla "Machame Route"

Come nel resto del mondo, i ghiacciai del Kilimangiaro si stanno ritirando rapidamente a causa del cambiamento climatico. Questo ha implicazioni significative per l’ecologia locale e per le comunità che dipendono dall’acqua della montagna.

Cartello di arrivo all'accampamento "Karanga Camp", con vista Kilimanjaro, durante il trekking sulla "Machame Route"

Avete optato per la “Machame Route” da 7 giorni? Questo è il vostro campo per la notte. La vostra scelta è stata da 6 giorni? Il vostro cammino non finisce qui.

Due portatori passano davanti al Monte Kilimanjaro, mentre noi siamo fermi per pranzo vicino l'accampamento "Karanga Camp"

Una pausa pranzo a dir poco piacevole

Vista del Monte Meru in mezzo alle rocce del deserto alpino del Parco Nazionale Kilimanjaro, durante il 4° giorno di trekking sulla "Machame Route"

Una volta che vi sarete lasciati questo bel paesaggio alle spalle, sarete vicinissimi alla destinazione di oggi

Grossa frana vista in tempo reale sulla deviazione "Western Brench", durante il nostro trekking lungo la "Machame Route"

Un enorme boato e la vista di macigni in caduta libera. Solo in seguito abbiamo appreso, con immenso sollievo, che sulla “Western Brench”, in quel momento, non c’era nessuno.

Non sono ancora le 12:00 quando raggiungiamo uno dei luoghi più importanti del percorso, il “Barafu Camp”, campo base da cui tenteremo l’ascesa finale. Abbiamo tempo prezioso a disposizione per acclimatare il corpo, concederci un po’ di riposo, ammirare la maestosità del vulcano estinto Mawenzi (con i suoi 5.149 metri, la cima più scenografica del Kilimanjaro) e osservare il lento scorrere della vita ad alta montagna. Dopotutto queste ore sono di importanza fondamentale. Stanotte alle 23:30 ci metteremo in cammino per l’impresa finale: dobbiamo arrivarci riposati e preparati, ma dobbiamo anche essere pronti ad ascoltare il nostro corpo ed i segnali che ci invia. Se dovessimo cominciare a star male ed il mal di montagna si facesse sentire dovremmo rinunciare al nostro sogno e speriamo tanto che questo non accada. Un altro spettacolare tramonto ci aiuta a ricaricare le energie. Ci addormentiamo cullati da un misto di timore, desiderio di farcela e grandi aspettative, con un’emozione palpabile che ci stringe il cuore. Spoiler: dormiremo nemmeno 2 ore.

Firma sul "Registration Book" all'accampamento "Barafu Camp", durante il trekking sul Kilimanjaro attraverso la "Machame Route"

Registrando i nostri nomi, scopriamo di essere i secondi sulla “Machame Route” di 6 giorni ad aver raggiunto il “Barafu Camp”. Che soddisfazione!

Cartello di attenzione all'accampamento "Barafu Camp", durante il trekking sul Kilimanjaro

Un cartello all’accampamento ci ricorda di “Non spingerti ad altitudini più elevate se hai problemi respiratori, mal di testa persistente o qualsiasi sintomo grave di mal di montagna”

Elicottero di soccorso sorvola l'accampamento "Barafu Camp" all'interno del Parco Nazionale Kilimanjaro, in Tanzania

Dal “Barafu Camp” vedrete qualche elicottero sorvolare l’area: sono i mezzi di soccorso che trasportano a valle chi stava troppo male. Ma voi non ci pensate, e rivolgete lo sguardo verso la cima che stanotte vi attende!

Bagno con finestra con vista sul Mawenzi Peak, dall'accampamento "Barafu Camp" lungo il trekking sul Kilimanjaro in Tanzania

O potete ammirare anche il Mawenzi, secondo noi la cima più scenografica di tutta l’Africa

Partita di dama artigianale all'accampamento "Barafu Camp", durante il trekking sul Kilimanjaro, in Tanzania

Dovremmo già essere a letto, ma siamo troppo euforici. Così ci mettiamo a guardare una partita di dama (artigianale) tra i lavoratori.

Tramonto visto dal punto panoramico sopra l'accampamento "Barafu Camp", nel 4° giorno di trekking sul Kilimanjaro attraverso la "Machame Route"

Poi arriva l’ennesimo meraviglioso tramonto e ci è impossibile resistergli. Il letto puo’ aspettare ancora un pochino…

Tramonto che si riflette sul vulcano Mawenzi, visto dall'accampamento "Barafu Camp", nel 4° giorno di trekking sul Kilimanjaro attraverso la "Machame Route"

Il Mawenzi, illuminato dal tramonto, è ancora più mozzafiato. Sappiate però che per raggiungere la sua vetta è necessario essere arrampicatori esperti. Noi ci accontentiamo di ammirarlo da questa distanza.

5° GIORNO
Barafu Camp (4.673 ms.l.m) → Uhuru Peak (5.895 m s.l.m)
9,6 km

Il grande giorno è finalmente arrivato! Ci svegliamo per la colazione che ancora il giorno precedente non è del tutto terminato. Abbiamo dormito pochissimo, siamo piuttosto stanchi, e non abbiamo troppo appetito. Speriamo tanto che non sia il mal di montagna. Ci prepariamo, mangiamo qualcosa ed alle 23:30 siamo già sulla strada per il “Tetto d’Africa”. Siamo partiti in anticipo rispetto a tanti altri gruppi (che partono alle 00:00) proprio per non trovare troppo traffico ed avere più possibilità di vedere l’aurora e l’alba dalla cima, nostro grande sogno nel cassetto.

Facce stanche per la colazione notturna al "Barafu Camp", poco prima di ascendere Uhuru Peak, la cima più alta del Monte Kilimanjaro

Provate ad indovinare, dalle facce, chi è che ha dormito pochissimo? 

Il sentiero si snoda in una serie di tornanti su ripidi ghiaioni, ma di buio e a quella altitudine l’importante è salire con calma, il resto non conta niente. Alzando la testa è emozionante vedere nella notte la fila di luci delle persone partite prima e dopo di noi. Un lungo serpente che illumina la montagna e la notte fonda. Le prime due ore passano abbastanza tranquillamente, non fa troppo freddo e procediamo a passo tranquillo ma deciso, sorpassando anche il “Kosovo Camp”, che in molti scelgono (pagando un sovrapprezzo) per ridurre del 25% la distanza da percorrere per raggiungere la vetta.

Serpentone di luci delle torce durante l'ascesa in notturna a Uhuru Peak, il punto più alto del Monte Kilimanjaro in Tanzania

Le luci delle torce saranno un vero spettacolo per gli occhi, ma alimenteranno la sensazione di un arrivo ancora lontano

Man mano che guadagniamo quota il freddo pungente e l’altitudine iniziano a farsi sentire con prepotenza. Stiamo percorrendo un infinito zig-zag ripidissimo, dove la terra sotto i nostri scarponi, simile a sabbia fine, rende ogni passo una sfida ancora maggiore. A volte l’aiutante guida Douglas si lancia in sorpassi azzardati, facendoci pagare lo sforzo con un fiatone che sembra non voler passare mai. Adesso non è più la forza fisica a contare, ma dobbiamo fare i conti solo con la nostra testa, la nostra forza di volontà, la voglia di riuscire. Passano ore interminabili, vogliamo raggiungere la cima prima dell’alba, ma allo stesso tempo vorremmo tanto che il sole facesse capolino per scaldarci minimamente. Fisicamente non stiamo benissimo, ma preferiamo non confessarcelo a vicenda: sapere che l’altro sta male renderebbe tutto ancora più difficile. Lo spettacolo di chi inizia già la discesa, sorretto a braccia, di chi giace stremato a terra, di chi lotta per respirare con l’ausilio dell’ossigeno, è già un duro colpo alla nostra determinazione. Non resta che abbassare lo sguardo, focalizzandoci unicamente sulla vittoria che ci attende, e ripetere come un mantra “Pole pole”. Un passo dopo l’altro, centimetro dopo centimetro, e un respiro alla volta.

Nel momento in cui le forze sembrano abbandonarci, ecco apparire il bordo del cratere, Stella Point, a 5.756 metri di altitudine. Le tenebre ci avvolgono ancora, ma il sole inizia a dipingere di un rosso incandescente la montagna ed i suoi ghiacciai, con la nostra meta ormai a poco più di 1 km. È inspiegabile, ma in quell’istante il nostro corpo si risveglia, una nuova energia ci pervade, e la certezza di farcela, di raggiungere il nostro obiettivo, è adesso una certezza. L’alba irrompe, un nuovo giorno ha inizio, e noi, dall’alto del Kilimanjaro, cediamo ad un pianto liberatorio, un misto di stanchezza estrema e gioia incontenibile. È tutto così maledettamente intenso! Ormai solo poche centinaia di metri ci separano dalla cima dell’antico vulcano Kibo, l’Uhuru Peak, ovvero la vetta più alta del Kilimanjaro, che ci porterà a sfiorare i 6.000 metri (5.895 m s.l.m. per l’esattezza). Il freddo è lancinante, non sentiamo più mani né piedi, ma riusciamo a scorgere il celebre cartello “Congratulations! You are now at Uhuru Peak, Tanzania”, e quindi sì, l’abbiamo conquistata, ed il Kilimanjaro ci sta regalando uno spettacolo che resterà impresso nella nostra anima per sempre. Siamo sulla cima più alta d’Africa, nel punto più elevato che i nostri occhi abbiano mai contemplato: il nostro sogno, noi due insieme a realizzarlo. E allora non servono promesse, non servono parole, serve solo vivere questa grande bellezza insieme, stretti in un abbraccio, storditi dal gelo ma vivi e liberi come non mai. Un’unica, potente emozione ci fonde l’uno all’altra e al mondo intero: la consapevolezza che questi istanti saranno per noi ciò per cui vale la pena lottare, ciò che sempre ci renderà felici ed innamorati.

Vista dell'aurora, poco prima dell'alba, durante l'ascesa a Uhuru Peak, la cima più alta del Monte Kilimanjaro in Tanzania

Sì, è stato proprio questo il momento in cui non siamo più riusciti a trattenere le lacrime

Alba che si riflette sulle rocce e sul ghiaccio rosso fuoco, sulla cima del vulcano Kibo (Uhuru Peak), durante il trekking sul Kilimanjaro in Tanzania

Ma diteci voi, come si può rimanere indifferenti di fronte ad una vista così grandiosa, dopo tutta la fatica fatta per raggiungerla?

Alba che si riflette sulle rocce e sul ghiaccio rosso fuoco, sulla cima del vulcano Kibo (Uhuru Peak), durante il trekking sul Kilimanjaro in Tanzania

Un nuovo giorno sorge maestoso sull’Africa, e noi ce lo stiamo godendo dalla vetta del Kilimanjaro

Alba che si riflette sulle rocce e sul ghiaccio rosso fuoco, sulla cima del vulcano Kibo (Uhuru Peak), durante il trekking sul Kilimanjaro in Tanzania

Neve, vento, terra e roccia rossa fuoco: un istante di pura energia elementare

Fila di persone in attesa di fare la foto ricordo accanto al cartello di arrivo ad Uhuru Peak, la cima più alta del vulcano Kibo sul Monte Kilimanjaro in Tanzania

Solo che, a 5.895 metri, mai ci saremmo aspettati un’attesa di 5 minuti per scattare una foto ricordo… 

Foto ricordo al cartello di Uhuru Peak, la vetta più alta del Monte Kilimanjaro in Tanzania, raggiunto tramite la Machame Route in 6 giorni

“Uhuru” in swahili significa “Libertà” e vi assicuriamo che niente vi farà sentire più liberi del raggiungerlo

Ci concediamo il lusso di assaporare lo spettacolo che ci circonda: il sole irradia ogni cosa, rendendo questo momento ancora più magico e speciale. Sorprendentemente, nonostante il sole splenda alto, il freddo si fa ancora più pungente: veniamo a sapere soltanto adesso che, con il cielo sereno, non ci sono nuvole a fermare la furia gelida del vento d’alta quota. Immancabili le foto di rito accanto al cartello di Uhuru (dopo una breve attesa, vista la fila di persone), qualche passo per imprimere nella memoria ogni dettaglio, e poi, sopraffatti dal freddo che ormai è penetrato fin nelle ossa, è tempo di intraprendere la lunga discesa. Ma prima di ripartire Michel ha un’idea “geniale”: per affrontare la seconda parte del percorso, avremmo bisogno di una carica di zuccheri, e cosa c’è di meglio di una sorsata di Coca-Cola letteralmente ghiacciata? Mai scelta fu più sbagliata…

Vista del panorama, del ghiacciaio e delle nuvole dalla cima del vulcano Kibo, Uhuru Peak, il punto più alto del Monte Kilimanjaro in Tanzania

Il ghiaccio si fonde con le nuvole, e ci è perfino difficile capire il limite tra cielo e terra. Dalla cima della montagna singola più alta al mondo sembra davvero di poter guardare ovunque.

La discesa si rivela interminabile, ma gradualmente i raggi solari iniziano a scaldarci, e tornare allo Stella Point in pieno giorno è un balsamo per il nostro spirito, benché lo stomaco (sarà stata la Coca-Cola?) inizia a inviarci fastidiosi conati di vomito. Stiamo quindi vivendo un’altalena di emozioni, anche se ora che la méta è alle spalle, ogni passo verso il basso sembra dilatarsi, la discesa si conferma, come sempre, la nostra nemica più tenace. Ma poi succede una cosa bellissima: durante l’ascesa eravamo unicamente con le nostre guide Michel e Douglas (per avere un portatore dovrete pagare di più), ma ora l’intera squadra ci viene incontro, risalendo il sentiero per accertarsi delle nostre condizioni, abbracciarci per la grande vittoria e offrirci un sostegno prezioso per gli ultimi, impervi, metri, chiedendoci persino se volessimo affidare loro gli zaini. Un gesto meraviglioso. Finalmente, alle 9:00, raggiungiamo nuovamente la nostra tenda al “Barafu Camp” dopo un’estenuante maratona di 1.222 metri di dislivello e di oltre 9 ore di cammino quasi ininterrotto. La fatica ci pervade completamente, ma la felicità è immensa. Adesso è tempo di fermarci e realizzare: cosa abbiamo appena vissuto?

Foto ricordo accanto al cartello di arrivo allo "Stella Point", bordo del cratere del Monte Kilimanjaro, durante il trekking "Machame Route"

Anche lo “Stella Point”, sul cratere del vulcano Kibo, meritava una sosta per una foto. Leonardo sorseggia un succo (congelato) per gli zuccheri, mentre Fiammetta lotta visibilmente contro il freddo.

La discesa dopo la scalata a Uhuru Peak, il punto più alto del Monte Kilimanjaro in Tanzania

Eravamo talmente sopraffatti dalle emozioni che questa è l’unica testimonianza fotografica dell’interminabile (e monotona) discesa verso il “Barafu Camp”

La nostra guida Michel dell'agenzia "Kilele Climb Tours" aiuta Leonardo durante l'ascesa a Uhuru Peak, il punto più alto del Monte Kilimanjaro

Un ringraziamento speciale va alla nostra guida Michel, il cui aiuto è stato fondamentale per compiere questa impresa finale. Quando abbiamo avuto bisogno, lui c’era sempre.

Uhuru Peak (5.895 m s.l.m) → Mweka Camp (3.100 m s.l.m)
7,5 km

In tenda ci guardiamo, con l’altitudine mani e piedi sono gonfiati tantissimo e ci sentiamo stranissimi. Purtoppo però la giornata di trekking non è ancora finita: dobbiamo riposare il più possibile, poi svegliarci per pranzo e dopo dovremmo scendere per altre 3 ore e 7,5 km fino al “Mweka Camp”, a 3.100 metri. Ciò significa che oggi avremo sceso quasi 3.000 metri di dislivello e percorso più di 17 km. Le ultime due ore di cammino si trasformano in un vero e proprio tormento, acuite dalla delusione di scorgere in lontananza l’“High Camp” (3.950 m s.l.m.), per poi realizzare che non è ancora la nostra destinazione. Le gambe sono ormai senza forze, ogni passo è una fitta ai piedi, il sentiero, seppur artificiale, è pieno di buche e quindi una vera trappola per le caviglie. Ma nel cuore vibra ancora l’eco della conquista del Kilimanjaro, una forza inarrestabile che ci spinge a raggiungere, finalmente, anche il campo di oggi. Al “Mweka Camp” letteralmente sveniamo, ci svegliamo giusto per la cena…e poi sveniamo nuovamente.

Il sentiero dissestato che dall'accampamento "Barafu Camp" arriva al "Mweka Camp" all'interno del Parco Nazionale Kilimanjaro

Se dovessimo scegliere quale parte abbiamo odiato di più del trekking, lei vincerebbe a mani basse

6° GIORNO
Mweka Camp (3.100 m s.l.m) → Mweka Gate (1.700 m s.l.m)
6,8 km

L’ultimo giorno. Dopo una colazione che sa di fine, arriva il momento di salutare la nostra eccezionale squadra. Li ringraziamo di cuore per tutto e, insieme alle mance, abbiamo la gioia di donare a ciascun portatore il materiale che avevamo portato per loro: calze calde, pile confortevoli, berretti di lana, pantaloni da montagna e scaldacollo. Ci dedicano la colonna sonora dell’avventura (“Jambo, Jambo Bwana…”) e non smettono di sorriderci e batterci le mani, cogliendo tra loro anche qualche occhio lucido…ma soprattutto tra noi due. Questo trekking è stato un’avventura incredibile sotto ogni aspetto: fisico, emotivo e umano.

Foto di gruppo della squadra di "Kilele Climb Tours" che ci ha aiutato nel trekking sul Kilimanjaro, lungo la "Machame Route" di 6 giorni in Tanzania

Questa foto la rimettiamo, perché se lo meritano 

Il percorso di oggi è una tranquillissima passeggiata nella foresta, senza nemmeno troppa pendenza. Durante il cammino conosciamo un gruppo di spagnoli che avevamo intravisto alcune volte nei giorni precedenti: scambiandoci i racconti delle nostre esperienze, scopriamo che molti di loro, ottimi escursionisti, hanno dovuto arrendersi a pochi passi dalla vetta, vinti principalmente dal freddo pungente. Adesso ci sembra ancor di più di avere realizzato qualcosa di straordinario, qualcosa che non tutti riescono a fare. Tra una chiacchera e l’altra, giungiamo alla fine del nostro tour, al “Mweka Gate”, dove ci attende l’ultima firma, come ogni giorno agli accampamenti raggiunti, sul “Registration Book”. Ma stavolta è diverso, poiché grazie a questa firma ci verrà rilasciato un certificato che attesta, ufficialmente, che SIAMO RIUSCITI A SCALARE IL KILIMANJARO! Un viaggio epico che resterà inciso nella nostra memoria, e nel nostro cuore, per sempre…

Discesa finale nella foresta verso il "Mweka Gate", all'interno del Parco Nazionale Kilimanjaro

L’ultimo tratto del trekking si è rivelato veramente noioso, ma per fortuna la compagnia del gruppo spagnolo ha reso la discesa più piacevole.

Barelle di soccorso ammucchiate nel punto di raccolta alla fine della discesa finale del trekking sul Kilimanjaro

Poco prima di arrivare al “Mweka Gate” incontrerete il punto di raccolta delle barelle, che vengono usate per aiutare le persone che non riescono più a camminare. Sinceramente non vorremmo mai provarle sugli scalini e le rocce che il sentiero presentava.

Foto di gruppo al cartello di congratulazione per la fine del trekking sul Kilimanjaro tramite la "Machame Route" in Tanzania

Questo è il “Mweka Gate”, l’ultimo cartello che sancisce la fine del nostro cammino nel Parco Nazionale del Kilimanjaro. Un ultimo saluto inciso nel legno. 

Certificato ufficiale che attesta il nostro raggiungimento alla vetta Uhuru Peak, il punto più alto del Monte Kilimanjaro in Tanzania

Non potevamo che farci un quadro…

Anche se Uhuru Peak dovesse rimanere un sogno (per questa volta), riceverete comunque un attestato del vostro incredibile viaggio: il certificato di “vetta inferiore”, che indicherà la vostra massima altitudine raggiunta.
Un risultato di cui andare fieri, qualunque esso sia!

Asante sana Kilimanjaro!

Questo trekking è stato un’avventura che ci ha messo alla prova nel corpo, ci ha toccato nel profondo dell’anima e ci ha arricchito come esseri umani. Ascoltare le storie di chi ci ha accompagnato nel cammino ci ha aperto finestre su realtà lontane, altrimenti inaccessibili. Se la nostra motivazione di scalare il Kilimanjaro era sfidare i nostri limiti e vivere un’esperienza indimenticabile, loro continuano a farlo ogni volta che possono, ma soltanto per avere un futuro diverso, prospettive diverse e una vita più semplice per se stessi e le loro famiglie.

Sicuramente abbiamo percorso sentieri con paesaggi più vari e più belli, ma l’emozione di sfiorare i 6.000 metri ha inciso un segno indelebile nelle nostre vite. Tra infinite possibilità di sentieri e montagne, abbiamo scelto il Kilimanjaro, il nostro viaggio “impossibile” reso possibile dalla nostra tenacia e dalla voglia di farcela. INSIEME. Questa cima resterà per sempre la metafora perfetta del nostro amore. Asante sana Kilimanjaro!

Foto ricordo, con lo striscione dell'agenzia "Kilele Climb Tours", accanto al cartello di arrivo a Uhuru Peak, il punto più alto del Monte Kilimanjaro in Tanzania

Ah, non ve l’avevamo ancora detto: “Kilele”, il nome dell’agenzia, vuol dire “Picco” in swahili, mentre “Leo” significa “Oggi”. Una combinazione che, forse, ha segnato il nostro destino verso la vetta!

Vista del Monte Kilimanjaro dal centro di Moshi, città della Tanzania

Un ultimo saluto al Monte Kilimanjaro da Moshi, pronti per il prossimo capitolo del nostro viaggio!