Anche se spesso scappiamo per un po’, alla fine torniamo sempre a casa. La Toscana è una delle regioni italiane più conosciute al mondo per i suoi paesaggi, le sue città e la sua storia. Noi però vogliamo andare oltre a questi aspetti, portandovi alla scoperta di quei luoghi ancora non conosciuti dal turismo di massa ma che riescono ad avere una bellezza fuori dall’ordinario. Se avete voglia di vivere esperienze uniche ed indimenticabili siete capitati nel posto giusto.
Vogliamo partire subito con il botto, facendovi conoscere un luogo che ci sta molto a cuore e che ci ha stregato con la sua bellezza. Oggi vogliamo parlarvi del bellissimo Castello di Sammezzano. Scriviamo di lui soprattutto poiché il suo futuro, come avrete modo di scoprire proseguendo nella lettura, è ad oggi molto incerto. Serve quindi l’aiuto ed il sostegno di tutti per salvarlo e noi, nel nostro piccolo, vogliamo contribuire facendolo conoscere ad un numero sempre maggiore di persone. Una volta fatta la sua conoscenza sarà facile che anche voi ne restiate affascinati, ma potrebbe succedervi anche di rimanerne improvvisamente “folgorati”. Niente di strano, questo colpo di fulmine ha trafitto già noi e molti altri prima di noi.
La storia del Castello di Sammezzano
Il Castello di Sammezzano sorge sulla somma di una collina in località “Leccio”, nel comune di Reggello (FI). Il suo aspetto eclettico, con forti richiami all’arte orientale, lo rende una perla rara nel panorama italiano. Le bellissime decorazioni, ispirate alla corrente culturale dell’“Orientalismo”, che si diffuse in Europa all’inizio dell’Ottocento, sono da attribuire al volere di un personaggio storico che ebbe importanza fondamentale per le sorti del Castello: il marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona (1813-1897). Ferdinando nel 1827 ricevette il Castello in eredità ed una volta in suo possesso decise di trasformarlo, realizzando anche nuove sale, per dare vita al Sogno d’Oriente che aveva in mente. Il Castello aveva già una lunga storia. Realizzato in epoca romana, nel corso dei secoli vide il susseguirsi di proprietari illustri, come la famiglia Medici. Il marchese lavorò incessantemente al suo progetto dal 1853 fino alla morte. Lavoro per il quale gli siamo veramente grati.
Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona
Non si puo’ capire Sammezzano senza conoscere la figura del suo principale (nonché unico) committente. Il marchese fu una persona di grande cultura, esperto delle più diverse discipline, dalla botanica all’architettura, fu scienziato e politico, letterato e appassionato amante della cultura in ogni sua sfaccettatura. Progettò il castello e ne curò la realizzazione nei minimi dettagli. Ferdinando era un sognatore, un visionario, e come anche voi saprete, spesso, chi sogna o vede le cose in maniera troppo diversa viene preso per pazzo o più semplicemente escluso ed emarginato. Questa fu purtroppo la sorte che toccò anche al marchese, che dopo una vita trascorsa nel centro di Firenze, impegnato nelle più diverse attività, decise di ritirarsi nel suo Castello e dedicarsi con sempre maggiore sforzo alla realizzazione del suo sogno. L’amarezza provata per non essere stato capito e per la sconfortante situazione del paese a cui tanto teneva emerge nelle scritte disseminate nel Castello. Sammezzano fu il luogo in cui realizzare il proprio sogno di un’integrazione interculturale fra Occidente e Oriente, un rifugio dalle sorti funeste del proprio paese e da chi non lo comprese.
Lo stile architettonico di Sammezzano
Nella villa ritroviamo un mix di stili orientali, si va dal moresco, con le bianche trine degli stucchi della Sala Bianca, all’indio-persiano, che ritroviamo in stanze come la Sala dei Pavoni, dove la bellissima policromia richiama i colori delle coloratissime piume di questi uccelli. Non mancano poi elementi eclettici e dello stile turco-ottomano. La maggior parte delle sale è ornata da iscrizioni che a volte servono per elogiare la casata del marchese, altre sono colte citazioni musicali, mentre in alcuni casi esprimono la rabbia di Ferdinando (Nos contra Todos – Todos contra Nos). La cosa stupefacente è che Ferdinando in vita sua non viaggiò mai in Oriente. Il suo progetto nacque dai libri che lesse e dalle visite europee a complessi architettonici che presentavano uno stile Orientale, basta pensare alla bellissima Alhambra di Granada, della quale il marchese riprese numerosi dettagli. Ferdinando dedicò tutte le proprie energie e finanze alla realizzazione del castello. All’interno della proprietà fece anche costruire una fornace per la realizzazione di gran parte dei decori; per la realizzazione di altri si affidò alla mano di esperti artisti ed artigiani.
Sappiamo che queste definizioni possono essere di difficile comprensione per chi non ha una laurea in architettura, ma tutto questo vi sarà più chiaro (come lo è stato a noi) grazie alle spettacolari foto fatte al’interno del Castello che vi mostreremo poco a poco.
La terribile situazione attuale
Alla morte di Ferdinando, Sammezzano passò di mano in mano, fino ad essere trasformato in un albergo-ristorante all’inizio degli anni ’70 del Novecento. In molti hanno avuto l’occasione di festeggiare il ricevimento delle proprie nozze fra le bellissime sale. Nel 1990 quest’attività cessò ed alcuni anni dopo, attorno al 1999, il Castello fu venduto all’asta. A partire da questo momento le sue sorti sono state sempre più incerte e hanno visto il susseguirsi di proprietà fallimentari che poco o niente hanno fatto per restaurarlo e metterlo in sicurezza. L’ultima asta, a maggio 2017, è stata vinta da una società con sede a Dubai, ma il tribunale di Firenze è intervenuto annullandola. Non ci resta che sperare che lo Stato si prenda cura di questo nostro patrimonio culturale, facendosi carico del restauro. Con un biglietto di pochi euro siamo convinti che in pochi anni tutte le spese sarebbero ripagate visto che sono migliaia le persone desiderose di visitarlo. Ma più il tempo passa, più le condizioni in cui versa Sammezzano peggiorano.
Progetti a favore del Castello
Se in pochi hanno dimostrato interesse per l’acquisto del Castello, un numero sempre crescente di persone ne ha invece preso a cuore la sorte. In particolare dobbiamo ringraziare i volontari del Comitato FXPa e di SaveSammezzano. Pensate che nel 2016 è giunto sul podio dei Luoghi del Cuore del FAI, conquistando il primo posto in Italia. Ma non solo, l’interesse da parte di organismi nazionali ed internazionali ed un numero sempre crescente di estimatori fanno ben sperare che prima o poi Sammezzano riuscirà a risorgere. Se alla fine dell’articolo (se non già a questo punto) il Castello sarà entrato anche nei vostri cuori perché non mettervi in gioco personalmente affinché se ne incentivi il recupero e la valorizzazione?
È possibile visitare il Castello di Sammezzano?
Vi diciamo subito che noi due siamo stati fra gli ultimi fortunati a poter visitare il Castello nel 2015. All’epoca i volontari del comitato FXPA, in accordo con i proprietari, erano riusciti a far aprire la struttura per alcune giornate. La possibilità di accedere al Castello veniva data grazie ad un servizio di prenotazione on-line. Dal momento in cui il link delle prenotazioni era attivo passavano solo pochi istanti prima che tutti i posti fossero assegnati. Noi abbiamo provato più volte, nel corso degli anni, prima di riuscire a risultare tra i “vincitori”. A partire dal 2016 le visite sono state interrotte perché il castello versa in condizioni sempre più preoccupanti ed acconsentire l’ingresso metterebbe e repentaglio la vita dei visitatori. L’intera struttura al momento è sigillata e controllata dall’Istituto delle Vendite Giudiziarie di Firenze. Quindi, purtroppo, l’unica risposta alla domanda iniziale è un secco NO, che fa tanto male ai nostri cuoricini.
La nostra visita a Sammezzano
Come già detto, la nostra visita al Castello è avvenuta ben tre anni fa ma noi ve ne parleremo lo stesso al presente poiché ci piace pensare di esserci stati da poco ed il ricordo è ancora così vivo che sembrano passati solo pochi.
Come Raggiungere Sammezzano
Raggiungere il Castello è facilissimo. Pensate che ci sarebbero addirittura i mezzi pubblici per farlo visto che da anni il Leccio è divenuta meta ambita da molti turisti che raggiungono Firenze. Si dice che il Centro Commerciale “The Mall” riceva addirittura più visite degli Uffizi. Dalla stazione degli autobus in Via Santa Caterina da Siena a Firenze potrete raggiungere il centro commerciale pagando 7€ per il biglietto di sola andata o 13€ per andata/ritorno; il Castello si trova ad 1 km da qui. Esiste anche un servizio di navetta (35€ a persona per andata e ritorno). Se invece volete raggiungerlo in macchina basterà percorrere l’autostrada A1 (E35) fino all’uscita di “Incisa-Reggello” e proseguire sulla regionale 69 fino ad arrivare nella località “Leccio”. Per non farvi fare un viaggio a vuoto vi ricordiamo che al momento NON è possibile visitare il Castello.
Dal Parco Storico al Castello
La nostra visita inizia appena scesi dalla macchina. Ci troviamo all’ingresso del Parco del Castello, dove una lunga salita ci porterà di fronte all’edificio. Fortunatamente anche il Parco, un’area verde di circa 65 ettari, è un’attrazione incredibile e la camminata diventa di piacere. Pensate che un tempo Ferdinando, subito dopo la “Ragnaia” (un bosco di lecci), aveva fatto collocare piante rare ed esotiche che avevano lo scopo di introdurre i visitatori allo stile orientale del castello. Purtroppo molte delle piante introdotte dal marchese non sono giunte fino ai giorni nostri e negli anni ’90 ne sono state introdotte di nuove, seguendo la disposizione tipica del giardino all’italiana. Ovvero una sistemazione completamente diversa da quella che aveva in mente Ferdinando.
Nonostante le numerose perdite, il Parco Storico ospita tutt’oggi un patrimonio botanico dal valore inestimabile, sia per quanto riguarda le specie più rare ed esotiche, che per gli esemplari indigeni. Fra i più rappresentativi di questi ultimi vi segnaliamo le bellissime sequoie, alle quali fanno compagnia querce, sughere, lecci, cerri, aceri e ginepri.
La Sequoia Gemella
La star del parco è una sequoia, denominata la Sequoia Gemella. Questa imponente pianta ha una circonferenza che supera gli 8 metri ed un’altezza di 53,96 che la rende la più alta d’Italia, (e la quarta in Europa) ed ha questo particolare nome poiché a partire dai due metri di altezza si divide in due imponenti tronchi quasi identici. Prima di raggiungere il Castello basterà prendere la variante indicata dall’omonimo cartello e continuare fino a ritrovarsi dinnanzi a questo stupendo dono della natura.
Finalmente possiamo darvi anche una “bella” notizia: per andare alla Sequoia Gemella non è necessario salire al Parco (che è proprietà privata) ma è facilmente raggiungibile da un altro posto. Trovandosi lungo la strada sterrata che circonda il Parco basterà dirigersi in direzione “Roncicatoio”, dove poi troverete tutte le indicazioni per l’albero. Va detto però che si entra sotto la propria responsabilità, dato che anche questi spazi non sono più mantenuti già da diverso tempo.
La Casina Cinese
Nel Parco non mancavano anche altri elementi architettonici in stile moresco, come una grotta, alcune statue, vasche e fontane, la maggior parte dei quali sono però andati distrutti. Di grande interesse, almeno secondo il nostro modesto parere, la Casina di Caccia, detta anche Casina Cinese poiché costruita seguendo lo stile architettonico della Cina imperiale. Purtroppo la Casina versa in condizioni addirittura peggiori di quelle del Castello, ma conserva il suo fascino orientale che non vediamo l’ora di riscoprire.
In un futuro molto prossimo ci vediamo qui a sorseggiare un thé: «Ma come è bello stare qui? Avresti mai creduto che Sammezzano sarebbe tornato agli antichi splendori in così poco tempo?»
L’ingresso al Castello di Sammezzano
Attraversato il Parco Storico ci ritroviamo davanti all’immensa struttura. Un esteso prato rigoglioso ci dà il benvenuto. Oggi fa veramente caldo e sono tutti al riparo degli alberi, ma solitamente il giardino è fatto per ospitare i turisti che qui possono riposarsi ed ammirare l’esterno del Castello. Da questo lato possiamo ammirare la bellissima facciata lunare (opposta alla facciata solare). Pensate che (erroneamente) c’è chi dice che Sammezzano abbia 365 stanze, una per ogni giorno dell’anno. Questo numero non è esatto, dobbiamo infatti eliminare un 3 per ottenere il numero corretto di 65 sale, ognuna con il proprio stile che la rende unica. Saliamo le scale elicoidali e nell’atrio sbrighiamo alcune pratiche prima che la visita abbia inizio. Mentre aspettiamo ci guardiamo intorno incuriositi; già qui sono molti gli elementi che ci fanno pensare al lontano Oriente. Uno dei volontari del Comitato FXPA ci accompagna nella visita e le sue parole unite a ciò che vedremo da qui a poco ce le ricorderemo per molto tempo ancora. Almeno per i prossimi tre anni…
La Sala d’Ingresso
Accediamo alla Sala d’ingresso, detta anche Sala del Non Plus Ultra, ricca di capitelli colorati, specchi, stemmi di famiglia e bellissimi gigli rossi su sfondo blu, che si confondono con le decorazioni arabeggianti. La nostra attenzione viene richiamata da una porta dove troneggia la scritta “NON PLUS ULTRA”. Mentre ci guardiamo attorno estasiati, concordiamo con Ferdinando e ci sembra proprio che non ci possa essere niente di più bello di così! Alzando lo sguardo possiamo ammirare il bellissimo soffitto a cassettoni ed il ballatoio arricchito con intarsi in legno e colonne decorate. Le vetrate colorate contribuiscono a creare bellissimi effetti cromatici all’interno della stanza.
Ma non è tutto rose e fiori! Infatti, al termine di questa stanza, troviamo un’altra porta, questa volta decorata con una citazione dal carattere cupo, che ben rispecchia la duplice personalità di Ferdinando, ottimista e sognatore, realista e disilluso allo stesso tempo.
La Sala dei Gigli
Questa porta dà accesso alla sala dei Gigli e la sua particolarità sta nel fatto che il suo profilo, a seconda che si guardi da una o dall’altra sala, cambia drasticamente. Qui troviamo numerose colonne blu decorate con gigli argentati. Al termine di esse troviamo capitelli coloratissimi, ma ciò che ci lascia veramente senza parole è la cupola traforata, dove vetri di mille colori lasciano entrare diverse sfumature di luce.
La Sala delle Stelle e la Sala Bianca
Dopo questo tripudio di colori abbiamo l’occasione di ammirare una sala agli antipodi di questa. Torniamo nella Sala d’ingresso e passando sotto al “Non Plus Ultra” entriamo nella Sala delle Stelle (chiamata così per la forma delle sue vetrate). Qui frasi spagnoleggianti ci riportano al Panciatichi più rancoroso: “Noi contro tutti e tutti contro noi”.
Attraversata la stanza arriviamo nella Sala Bianca, conosciuta anche come Sala da Ballo. Questa sala si sviluppa su due piani e sul ballatoio posto al secondo piano si affacciano 15 stanze. Pensate che fortuna per coloro che soggiornarono qui poter uscire dalla propria camera da letto ed affacciarsi su questa meraviglia. Al centro di questa stanza dalla forma ottagonale un tempo zampillava l’acqua proveniente da una fontana posta al piano inferiore, un vero sogno orientale! Un pentagramma ed una scritta tratta da “Ernani” di Verdi decorano un arco che dà accesso al corridoio delle Stalattiti (detta anche Sala di Giustizia).
Il massimo del “Non Plus Ultra”: la sala dei Pavoni
Per la realizzazione di questa stanza il marchese si rifece alla corrente artistico-architettonica indiana detta Moghul. E sapete qual è l’uccello nazionale dell’India? Esatto, il pavone. Le decorazioni a ventaglio si ispirano proprio alla bella e colorata coda del pavone con sfumature che vanno dal rosso, al giallo, dal blu al verde, sfiorando l’intera scala cromatica. Nel 2016 la BBC CULTURE ha inserito il soffitto della sala fra i 10 soffitti più belli al mondo e non possiamo che essere d’accordo.
La sala degli amanti e la Cappella
La nostra visita a Sammezzano sta per concludersi e lo facciamo in bellezza con la visita a queste ultime due stanze. La prima viene chiamata così perché sopra le porte sono riportati i nomi degli amanti della letteratura cavalleresca. Al suo interno troviamo un gran numero di iscrizioni, nelle quali Ferdinando sembra però parlare di se stesso, apprezzandosi personalmente per il lavoro svolto: “Gracchi me sibilant at mihi plaudo” = “Il popolo mi fischia, io mi applaudo”. Un vero e proprio genio incompreso.
Entrando nella cappella, ciò che subito salta all’occhio è la mescolanza di elementi tipici dell’arte cristiana con quelli dell’Islam. Nella stanza sembra infatti di essere all’interno di una Moschea, ma sulla parete principale è impossibile non notare una grande croce dorata, simbolo cristiano per eccellenza. Anche qui non puo’ mancare la solita scritta degna di Ferdinando che con un gioco di parole ribadisce il mix delle due religioni: “Dio è Grande”.
Ma non pensiate che il marchese facesse questo come una presa in giro per le due religioni, anzi. Per lui la convivenza fra Oriente ed Occidente era realizzabile ed auspicabile. Ci spiace Ferdinando, non è andata proprio così…
Speranze per il futuro
A malincuore terminiamo la nostra visita con mille pensieri che affollano la testa. Difficile raccontarvi ed esprimere le nostre emozioni e i nostri sentimenti dato che, anche tre anni dopo, ancora non siamo riusciti a metabolizzare questo Castello fuori dal tempo e dallo spazio. Ma di una cosa siamo più che convinti: una città come Firenze, conosciuta nel mondo come culla dell’arte rinascimentale, ha bisogno di un’opera come questa che porti una ventata di internazionalità e un approccio interculturale di alto livello. Noi sentendo la storia di Ferdinando e del suo grande “regalo” ci siamo letteralmente presi a cuore la faccenda. Ora, non deludiamolo di nuovo, cerchiamo nel nostro piccolo di fare qualcosa per aiutare a riportare Sammezzano agli antichi splendori.
Se il nostro articolo vi ha incuriosito vi consigliamo il libro “Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona. Sammezzano ed il Sogno d’Oriente 1813-2013” su cui abbiamo studiato per ricordarci di tutte le stanze viste nella visita. Noi ci riteniamo fortunati ad aver avuto l’occasione di entrare al Castello di Sammezzano, ma anche la nostra è stata soltanto una visita parziale. Per il futuro ci auguriamo di poter ritornare, di vedere con i nostri occhi tutte le stanze, curate e restaurate. Speriamo che Sammezzano possa avere lo stesso destino della Rocchetta Mattei, che si è incrdibilmente salvata grazie all’interesse suscitato e l’intervento privato. Ferdinando ha realizzato un bellissimo Sogno d’Oriente e noi sogniamo che questa storia abbia un lieto fine che dica più o meno così: “E visse a lungo, meraviglioso, e da tutti ammirato il bellissimo Castello di Sammezzano”.
Guardando su instagram la foto ho pensato fosse in Iran! poi ho letto Toscana..Incredibile che una splendida dimora come questa sia ridotta in queste condizioni.Onestamente,avendo perso ogni speranza nello Stato italiano, avrei preferito che il tribunale non avesse annullato il risultato dell’asta.Spiace vedere i nostri tesori in mano a stranieri ma se può significare la salvezza che ben vengano.
Avendo visto la sua bellezza si fatica a credere che possa versare in condizioni cosí critiche. L’importante è che sia salvo, anche se sarebbe auspicabile vederlo trasformato in un museo visitabile più che in una struttura alberghiera di lusso (come é stato in passato)…
Sì, certo che come museo sarebbe accessibile a tutti